Inventing Anna di Shonda Rhimes, con Julia Garner, Anna Chlumsky (miniserie, nove puntate, Netflix)
Sulla carta, il meglio. 1) Shonda Rhimes, regina degli showrunner. 2) Julia Garner, lanciata dalla serie Ozark e da un film che purtroppo non è mai uscito, The Assistant, ispirato al caso Weinstein, dove era come al solito bravissima e sempre un po’ inquietante. 3) Una storia vera che pare finta: ventenne russa si finge ereditiera tedesca e turlupina un mucchio di gente, facendo credere a tutti di essere miliardaria. Ci cascano giornalisti di riviste patinate, stylist, filantrope agée, avvocati e, udite udite, maschi alfa della finanza.
Se una persona normale va in rosso di pochi euro, le banche scatenano i mastini. Ad Anna Delvey (vero nome Sorokin), nel 2018, erano pronte a dare 40 milioni di dollari perché aprisse un club privato per ricchi smaniosi di sembrare anche esperti di arte contemporanea.
E’ successo davvero, la vicenda è stata poi raccontata da un articolo del New York Magazine in tutti i dettagli. La serie la ricostruisce con diverse libertà, forse troppe. Tutto è visto attraverso gli occhi della giornalista che, contro il parere dei suoi capi, vuole approfondire. La reporter esiste veramente, si chiama Jessica Pressler ed è anche produttrice esecutiva della serie ma, diversamente dagli altri personaggi, è presentata con un diverso nome (Vivian Kent) e diverso background. Anche il New York Magazine è diventato la testata fittizia “Manhattan”.
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L’elemento personale che corrisponde alla realtà dei fatti è che anche Jessica era incinta mentre lavorava all’inchiesta su Anna. Questo dettaglio fa sì che Shonda abbia trasformato il tutto in una specie di scontro psicologico tra due donne e due mondi. Da una parte il giornalismo vecchia scuola, con il suo misto di passione e cialtroneria (Jessica ha commesso qualche errore in passato che le ha incrinato la reputazione), dall’altra l’universo ideale della “wannabe” Anna, intriso dello spirito di questo tempo Instagrammato in cui non solo l’abito fa il monaco ma un post sui social fa e disfa la carriera e può falsificare competenze, nobili natali e viaggi esotici.
Purtroppo il bisogno di raccontare questa storia in modo che la protagonista non appaia come una semplice criminale, come il personaggio profondamente ignobile che è ma come, in un certo senso, una vittima delle ambizioni sbagliate di quest’epoca ha preso la mano agli sceneggiatori. Si prende sul serio e manca di quel tocco di umorismo che aveva per esempio Prova a prendermi di Steven Spielberg con Leonardo DiCaprio.
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Però, oltre a Julia Garner, ci sono tanti bravi attori. In particolare, nei ruoli dei giornalisti esiliati a Scriberia (la Siberia dei vecchi della carta stampata) ci sono tre caratteristi strepitosi come Jeff Perry, Terry Kinney e Anna Deavere Smith. I loro siparietti valgono il biglietto (e ve lo dice chi di redazioni ne ha viste proprio tante).