Sono in corso le riprese di “Raffa”, la docuserie dedicata a Raffaella Carrà.
3 episodi da 1 ora ciascuno, dedicata alla vita dell’indimenticabile artista. Diretto da Daniele Luchetti, è un racconto intimo, un ritratto per mostrare la vera anima di Raffaella Maria Roberta Pelloni, aldilà di lustrini, paillettes e riflettori.
Il ricordo di Raffaella Carrà al Carnevale di Ronciglione con carro, costumi e musica (VIDEO)
I tre episodi mostrano le tappe più importanti della vita della Carrà, a partire dall’infanzia trascorsa in Emilia Romagna. I primi anni, segnati dall’assenza del padre, fino al chiacchierato flirt con Frank Sinatra. Spazio, poi, anche ai suoi due uomini: Gianni Boncompagni e Sergio Japino. Ma anche al grande rimpianto della maternità mancata. La serie è scritta da Cristiana Farina, con Barbara Boncompagni, Salvo Guercio e Carlo Altinier.
Anticonformista, libera e sempre un passo avanti rispetto agli altri, Raffa ha lasciato un segno profondo nella cultura pop contemporanea. Nel 2020, The Guardian le ha dedicato un articolo diventato ormai celebre: “Raffaella Carrà, la cantante italiana che ha insegnato all’Europa la gioia del sesso“.
Un endorsement che ne ripercorre la carriera, iniziata in un periodo storico in cui bastava poco per essere fraintesi e additati. Raffaella, invece, dava scandalo mostrando l’ombelico, ballando il “Tuca tuca” e cantando “A far l’amore comincia tu”, “Pedro” o “Tanti auguri”. Un oltraggio al pudore, per i tempi. Invece, era semplicemente un’artista che andava molto più in là del proprio orizzonte e di quello del paese in cui viveva.
Gli studi di via Teulada diventano il “Centro di Produzione TV Raffaella Carrà”
La Spagna è stata la sua seconda casa. Col tempo è diventata icona LGBTQ+, simbolo di libertà e di parità tra i sessi. A tal proposito, è interessante ricordare l’intervista rilasciata nel 1986 a David Letterman, in cui metteva le cose in chiaro. “La pagano bene in Italia?”, le aveva chiesto il conduttore. “Sì, pago le tasse ed è una vittoria delle donne perché in altri tempi erano gli uomini a fare i soldi. Adesso anche noi donne iniziamo a fare lo stesso”. Una risposta che anticipava di quasi quarant’anni l’attualissimo dibattito sul gender gap.