Il dolore per la perdita di un ex compagno e di alcuni suoi stretti familiari potrebbe “averlo spinto alla morte”. È quanto emerge dal documentario “Autopsy: The Last Hours of George Michael” che è stato trasmesso negli Stati Uniti il 3 giugno e che rivelerebbe come il “lutto complicato”, o “disturbo da sofferenza prolungata” in seguito a una serie di tragedie personali, potrebbe essere la causa dell’uso massiccio di droghe e antidepressivi da parte del cantante.
Lo zio e il nonno si erano entrambi suicidati, mentre la sua amata madre Lesley Angold morì di cancro nel 1997, all’età di 60 anni. Un suo ex fidanzato, lo stilista brasiliano Anselmo Feleppa, morì invece di Aids nel 1993, dopo quattro anni di relazione.
Il cantante ha ammesso di avere una “tendenza autodistruttiva”, dicendo: «Da quando mia madre è morta non mi sono preso più cura di me stesso». Ed è appunto “il disturbo da sofferenza prolungata”, secondo i medici, il motivo per cui il cantante ha iniziato ad avere pensieri autodistruttivi, facendo un costante abuso di stupefacenti.
In particolare, la dottoressa Linda Papadopoulos, una psicologa, ha ipotizzato che Michael potrebbe non essere “mai guarito” dal dolore persistente, nascondendolo con l’uso incontrollato di droghe.
Secondo quanto emerge dal documentario, l’uso di droghe si è “intensificato” nonostante gli sforzi dell’ex amante Kenny Goss di fermarlo scaricando i farmaci nel water.
La superstar fu trovata morta nel giorno di Natale del 2016, stroncato da un arresto cardiaco a 53 anni. «La solitudine – ha detto il dottor Michael Hunter – innesca l’innalzamento dei livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, nel corpo e questo può aumentare notevolmente il rischio di malattie cardiache».