È uscito “Il buco 2″, sequel di uno dei film spagnoli più popolari di Netflix.
L’horror di Galder Gaztelu-Urrutia ha conquistato il mondo nel marzo del 2020 con oltre 82 milioni di visualizzazioni, un vero record per la piattaforma. La prigione verticale ha incuriosito il pubblico. In questo secondo capitolo la legge è la stessa ma sono cambiati i protagonisti.
A finire nella fossa questa volta sono Milena Smit (Madres paralelas) e Hovik Keuchkerian (La Casa di carta). Sono loro che si trovano a condividere il 24mo piano. E sono loro che devono sottostare a una regola ferrea: mangiare dalla piattaforma solo il cibo ordinato, altrimenti il rischio è perdere la vita e uccidere chi sta più in basso.
La trama:
Il punto di partenza è lo stesso, l’ambientazione terrificante di Il buco. Ovvero la prigione verticale da 333 piani: un numero il cui riferimento cristologico è esplicitato in questo secondo capitolo, in cui si parla di una figura denominata Messia, da cui la legge è nata. Prigione dotata di una piattaforma su cui viene distribuito il cibo. E coloro che stanno ai piani bassi rischiano di non essere sfamati a sufficienza. Non solo, i prigionieri devono mangiare solo il proprio piatto, altrimenti si genera caos, disparità e morte.
A risvegliarsi insieme al piano 24 sono due nuovi prigionieri: Perempuan e Zamiatin, interpretati da Milena Smit (Madres paralelas) e Hovik Keuchkerian. L’avidità è uno dei vizi dell’uomo, insieme all’avarizia. I due non riescono a seguire la legge imposta e di nascosto mangiano il cibo di chi è morto prima di loro.
Scoppia una rivolta, i nuovi entrati devono essere puniti per la violazione. «Forse la libertà risolverebbe qualche problema», sostiene il gigante de La casa di carta che adora la pizza. Le regole sono ferree, anche chi aiuta i malnutriti viene puniti dai cosiddetti Unti, che amputano e uccidono chi non segue il dictat per costruire un futuro dove nessuno ucciderà più. Il terrore è il messaggio.
Perempuan decide di prendere parte a una rivolta e, sollecitata da una donna, cerca di evadere. Deve solo trovare un cane nero, addormentarsi e nel momento del cosiddetto “Intervallo”, fuggire. La donna riuscirà ad arrivare fino in cima alla prigione?
La spiegazione del finale:
Il finale de Il Buco 2 è aperto alle interpretazioni. Dopo aver seguito le regole, Perempuan subisce una punizione ingiusta da parte di Dagin Babi che la spinge a ribellarsi. Decide quindi di seguire il piano per evadere e riconquistare la libertà ideato dalla sua compagna di cella, che purtroppo muore prima di poterlo mettere in atto.
La donna le aveva rivelato che, una volta al mese, i prigionieri vengono narcotizzati con un gas speciale in modo da riorganizzare l’assetto della prigione e spostare le persone tra i diversi livelli. Il piano prevede l’utilizzo di un materiale particolare per evitare di essere addormentata, per poi fingersi morta ed essere trasportata fuori dalla prigione.
Dopo aver ucciso Babi, Perempuán ingoia quindi un pezzo di materiale che agisce come un filtro respiratorio e si finge morta. Quando si risveglia, si trova legata a dei cadaveri e, mentre si avvicina alla fatidica uscita, avvista un bambino nel livello più basso, il 333. Decide così di sacrificare la sua fuga per salvarlo, ma nel farlo subisce un colpo alla testa.
Il Buco 2 non chiarisce se Perempuán riesce comunque a salvarsi o se il colpo subito alla testa è fatale. Nelle scene che portano al finale, si vede infatti la ragazza perdere una quantità importante di sangue, il che farebbe pensare a una morte certa. Resta agli spettatori, tuttavia, decidere questo dettaglio.
Il significato:
La presenza del bambino e la scena finale de Il Buco 2 sono ancora più simboliche ed enigmatiche. La scelta della protagonista di sacrificarsi per permettere al bambino di vivere al di fuori della prigione rappresenta un gesto estremo di redenzione. La protagonista, alla fine, subisce un colpo alla testa che sembra portarla alla morte, simboleggiando la rinuncia alla propria libertà e, forse, alla vita stessa. Questo atto di sacrificio è il prezzo da pagare per espiare i suoi peccati.
Il finale assume una dimensione ancora più profonda quando la piattaforma scende oltre il livello 333, un luogo che sembra riflettere la coscienza di Perempuán. In questo spazio metafisico, incontra le anime di altri prigionieri, tra cui Zamiatin, che sono proiezioni della sua mente morente.
Questi personaggi la invitano a lasciar andare il bambino, suggerendo che, nonostante il suo gesto di redenzione, non è degna di ritornare in superficie. Questa scena solleva interrogativi sul significato della redenzione in un contesto in cui le circostanze – e le dinamiche della società capitalista del consumismo – hanno corrotto ogni figura coinvolta.
Il finale indica chiaramente che, anche con il sacrificio di Perempuán, l’Autorità che controlla la prigione rimane intatta. Sebbene i prigionieri tentino di inviare un “messaggio” ai livelli superiori attraverso il bambino, non c’è alcuna garanzia che questo gesto possa realmente portare a un cambiamento. L’Autorità continuerà a manipolare e controllare i detenuti, mantenendo così l’equilibrio di potere inalterato.