Grane giudiziarie per Massimo Gandolfini, psichiatra e presidente del Comitato nazionale Difendiamo i nostri figli, finito a processo con l’accusa di diffamazioni.
Gandolfini, peraltro leader del Family day, è imputato perk durante vari interventi pubblici sul tema dell’ideologia gender, poi pubblicati su internet, avrebbe offeso la reputazione dell’Acrigay, Associazione italiana Lgbt. Gli incontri si sarebbero svolti tra la provincia scaligera e quella bresciana. Nei filmati pubblicati online l’uomo avrebbe detto che tra le 58 identità di genere approvate dall’Acrigay, fra cui oggi è possibile optare sul social network Facebook nel personalizzare il proprio profilo, vi rientrerebbe la pedofilia. Con queste parole, secondo la procura, Gandolfi avrebbe attentato alla onorabilità dell’associazione.
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Per supportare le proprie tesi, inoltre, lo psichiatra avrebbe mostrato un articolo pubblicato su un noto quotidiano nazionale il 4 luglio del 2014, dove si leggeva: “Da oggi il social network permette di optare tra 58 identità diverse. Tutte approvate dall’Acrygay, inclusa una destinata a suscitare dibattiti”. In realtà, secondo gli inquirenti, il presidente del Comitato nazionale Difendiamo i nostri Figli avrebbe travisato il contenuto di questo articolo dicendo che l’identità di genere in questione (approvata dall’Acrigay e destinata a suscitare dibattiti) era la pedofiia e non, come si legge poi nell’articolo, la categoria del “femminiello”. Il processo si è aperto martedì 5 settembre davanti al giudice Attilio Turati: l’udienza è stata rinviata.