Da: TheVision
Quello di Grindr e privacy non è esattamente un binomio vincente. E non solo nell’ultimo periodo, dopo che i suoi utenti hanno scoperto come il social network avesse condiviso i loro dati sensibili con società come Apptimize e Localytics, dedicate allo sviluppo di applicazioni. Creata da Joel Simkhai, israeliano emigrato a Los Angeles, e lanciata nel 2009, l’applicazione di dating è stata più volte coinvolta in episodi di hacking e nella conseguente diffusione di informazioni private dei suoi user.
Questo aspetto introduce una questione un po’ più ampia e strutturale, nel momento in cui si parla di app come Grindr o Hornet: sono tutte nate nell’ambito di Paesi con culture anglosassoni tendenzialmente gay-friendly, in cui in genere non ci si deve preoccupare di essere perseguiti penalmente quando si decide di incontrare un proprio “match”. Cosa che invece è necessario fare in Egitto, dove l’omosessualità non è illegale a livello puramente teorico, ma lo è diventata, de facto, quando negli anni Novanta le autorità egiziane hanno deciso di appellarsi a due particolari norme: quella del 1961 contro “l’incitamento alla dissoluzione” e quella del 1950 che disciplina il reato di prostituzione.
Il caso più eclatante si è verificato nel settembre del 2017, quando durante un concerto sono state sventolate alcune bandiere arcobaleno: un atto che è stato ritenuto estremamente offensivo nei confronti della fragile sensibilità del generale al-Sisi e si è tradotto in un’ondata di arresti – sono finite in carcere circa 70 le persone, almeno 16 delle quali hanno ricevuto condanne da 6 mesi a 6 anni di reclusione.
Lo stesso scenario rischia di ripetersi in altri Paesi, che fanno uso di misure altrettanto draconiane per fare in modo che la comunità LGBTQ continui a sentire il bisogno di nascondersi.
Il problema è che sia in Egitto, sia in Iran e in Libano, applicazioni come Grindr e Hornet continuano comunque a essere utilizzate poiché non ci sono altri luoghi di aggregazione per la comunità trans, queer e omosessuale. Rinunciarvi è impensabile, ma serve che siano messe in atto le giuste misure di sicurezza: responsabilità che ricade per buona parte sui gestori di questi servizi.
L’ultima notizia di un problema di sicurezza però risale al marzo del 2018 e le preoccupazioni per l’incolumità e i diritti dei fruitori residenti in Paesi non esattamente gay friendly – per usare un eufemismo – rimangono. Dopo l’ondata di arresti al Cairo, Grindr, Hornet e app simili hanno iniziato a diffondere linee guida in arabo in cui si indicano le misure minime per evitare di andare incontro a eventuali aggressioni, mentre sempre più persone si registrano con profili privi di foto e con informazioni personali ridotte all’osso. Ci sono poi profili creati appositamente per avvertire altri utenti della presenza di fake accounts appartenenti alle forze dell’ordine o a semplici omofobi. Nell’ideazione di un servizio rimane fondamentale tenere conto del framework legale e culturale in cui esso sarà utilizzato, vero, ma nemmeno la nostra tollerante Unione Europea sembra essere del tutto sicura. Il 31 marzo, nella città olandese di Dordrecht, un uomo è stato assalito da 16 persone dopo essersi recato a un appuntamento fissato via Grindr; nelle prime ore di domenica 1° aprile, ha rischiato di fare la stessa fine un altro utente dell’app, che aveva deciso di incontrarne un altro: è riuscito a fuggire prima di finire in un’imboscata.
Certo, Grindr non può impedire alle autorità di creare profili falsi, e difficilmente potranno bastare linee guida, cambi di icona e comunicati pieni di rammarico diffusi dagli ideatori delle applicazioni: il problema in questi Paesi cui essere gay non sembra essere accettabile è innanzitutto culturale e non può essere risolto probabilmente da applicazioni. Tuttavia, nel momento in cui queste hanno più volte dato prova di avere importanti limiti a livello di sicurezza e di non poter garantire che i dati sensibili e la posizione degli utenti non finiscano in mani sbagliate al di là della loro volontà, quanto possono in generale sentirsi tutelati gli utenti?