l libro di Giovanna Cristina Vivinetto, Dolore minimo, è il primo in Italia a parlare di transessualità tramite la poesia.
Laureata in filologia moderna con il massimo dei voti con il sogno di diventare insegnante:” La mia prima esperienza è stata negativa perché, dopo appena 14 giorni di lezione, sono stata licenziata dalla scuola”.
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Il blog Feeda, ha incontrato la donna che ha raccontato delle critiche ricevute e di come abbia saputo reagire, convinta che il modo migliore per farlo sia tramite l’informazione e la cultura: “Alcuni sostenevano che una persona transessuale non fosse in grado di scrivere ma che dovesse solo farsi curare”.
Dalla raccolta inedita “Dolore minimo” (apparse sul n° 86 della rivista “Atelier” dalla sezione “Cespugli d’infanzia”).
La prima perdita furono le mani.
Mi lasciò il tocco ingenuo
che si addentrava nelle cose, le scopriva
con piglio bambino – le plasmava.
Erano mani che non sapevano
ritrarsi: mani di dodici anni,
mani di figli che tendono al cono
di luce – che non sanno ancora
giungersi in preghiera.
Mani profonde – come laghi
in cui nessuno verrebbe a cercare,
mani silenti come vecchi scrigni
chiusi – mani inviolate.
La prima scoperta furono le mani.
Ricevetti un tocco adulto che sa
esattamente dove posarsi – mani
ampie e concave di una madre
che si accosta alla soglia ad aspettare;
mani di legno e di fiori
di ciliegio – mani che rinascono.
Mani che sanno aggrapparsi anche
all’esatta consistenza del nulla.