Ha messo due poltroncine, poi. E una scrivania di cristallo. In modo che nessuno possa più chiamarlo “sgabuzzino”, certo. Ma è ancor più evidente così l’intento. Quello di tenere in disparte. Di lasciar lontani dalla sala di rappresentanza, ufficiale, con gli specchi e gli affreschi e gli stucchi, destinata secondo la sindaca ai soli matrimoni “normali”. «È la chiave della discriminazione, no? Che a prescindere dalle condizioni, sia un servizio diverso quello garantito a te, “in quanto” omosessuale, o nero, se la proiettiamo nella segregazione, o…, è lì che sta la discriminazione», riflette Stefano Chinotti, uno degli avvocati che per la rete Lenford ha difeso Germano Gasparini e Giuliano Inselvini di fronte al Tar. Germano e Giuliano volevano semplicemente “unirsi civilmente”, come prevede la legge. E lo volevano fare, con la gioia che serve, nel loro paese, Stezzano, in provincia di Bergamo. La sindaca Lega Nord Elena Poma aveva però deciso con una delibera di giunta che le Unioni venissero relegate all’archivio dell’Anagrafe. Arrivò la denuncia, i media ne parlarono, la coppia fece un esposto al Tar. E vinse.
Il tribunale amministrativo della Lombardia ha infatti condannato a dicembre scorso il Comune a pagare le spese di lite di entrambe le parti, accogliendo il ricorso. La sconfitta (estesamente motivata dai giudici) non è bastata alla sindaca. Il 27 febbraio la giunta ha infatti approvato una nuova delibera, in cui affida a un avvocato altri 2mila euro per valutare la possibilità di un ricorso al Consiglio di Stato, dando l’ok alla sua parcella, di 6.300 euro. «È un ufficiale dello Stato che non solo non rispetta la legge dello stesso Stato, ma conduce una battaglia personale contro un diritto», dice Mauro Curioni, il coordinatore della lista “Stezzano Bene Comune”: «Già per il primo grado sono stati spesi 12 mila euro. Non possiamo accettare che vengano usati soldi pubblici in questo modo. Per questo presentiamo un esposto alla Corte dei Conti».
Il primo aprile, nel frattempo, Germano e Giuliano hanno potuto festeggiare nel salone, aprendo la strada ad altre coppie titubanti. «L’ostinazione del sindaco è scioccante. Ed è cattiva pubblicità per il comune», commenta Marco Arlati, presidente di Arcigay Bergamo Cives: «Per una campagna contro l’omofobia che stiamo realizzando abbiamo avuto l’adesione anche della squadra di basket locale. La sensibilità delle persone è diversa. Se cerca visibilità in questo modo, la sindaca lo fa sulla pelle delle persone».
Da: L’Espresso