Da Dagospia
Che un simile libello facesse casino, Roberto Vannacci lo sapeva benissimo visto il colossale maniavantismo delle prime pagine: “Quest’opera rappresenta una forma di libera manifestazione del pensiero ed espressione delle personali opinioni dell’autore e non interpreta posizioni istituzionali o attribuibili ad altre organizzazioni statali e governative”.
E ancora: “L’autore declina ogni responsabilità in merito a eventuali interpretazioni erronee dei contenuti del testo e si dissocia, sin d’ora, da qualsiasi tipo di atti illeciti possano da esse derivare”; quindi, il casino era previsto.
Il generale Viannacci è stato rimosso dal suo incarico
Le tesi del libro sono due. La prima è che il “sovvertimento di quella che la moltitudine intende come normalità è prodotto da esigue e sparute minoranze che prevaricano il sentire comune”. La seconda è quella della sovra rappresentanza delle minoranze nei sistemi che formano e indirizzano la società (le casematte gramsciane?), sebbene qui anche il coraggioso generale non abbia il coraggio di citare la più potente delle lobby minoritarie sovrarappresentate.
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Perché tutto ciò avvenga o sia avvenuto Vannacci non lo sa, non gli interessa o non ha gli strumenti per comprenderlo: non è un filosofo come Pascal Bruckner autore di “Un colpevole quasi perfetto: La costruzione del capro espiatorio bianco” o come Alain de Benoist, autore di “La nuova censura. Contro il politicamente corretto”, non ha l’ironia del compianto critico d’arte Robert Hughes autore di “La cultura del piagnisteo” (Adelphi) e non analizza ragioni; da militare va giù con una militante ascia di guerra.
Il pianeta Lgbtq+++ (IX capitolo) è affrontato a partire dal tema della sua sovrarappresentanza nella Comunicazione: dati Istat affermano che solo il 2% della popolazione italiana non è eterosessuale: perché, dunque, questa ossessione a parlarne? Non si potrebbe dibattere di pensioni, sanità, lavoro, cultura…? Poi il generale si avventura in più perniciose osservazioni, tipo quella che solo in “500 specie animali su 945.000 l’omosessualità è conosciuta”.
Giunti a pagina 243 troviamo l’affermazione che ha spinto sul rogo autore e libro: “Cari omosessuali, normali non lo siete, fatevene una ragione! Non solo ve lo dimostra la Natura, che a tutti gli esseri sani normali concede di riprodursi, ma lo dimostra la società: rappresentate una ristrettissima minoranza del mondo”.
Sul tema finiscono nel mirino Pina Picierno, Alba Parietti, Alessandro Zan (p.273 e ss.) e Noam Chomsky.
I principali accusati sono i due intellettuali omosessuali Marshall Kirk e Hunter Madsen autori di “After the ball”, il manifesto arcobaleno. Poi, al solito, al generale scappa di mano la penna: “Dobbiamo ricorrere ad un idioma straniero e chiamarli gay perché i vocaboli esistenti sino a pochi anni fa nei dizionari sono tutti considerati inappropriati, se non addirittura volgari ed offensivi: pederasta, invertito, sodomita, finocchio, frocio, ricchione, buliccio, femminiello, bardassa, caghineri, cupio, buggerone, checca, omofilo, uranista, culattone sono ormai termini da tribunale, da hate speech, da incitazione all’odio”.
“Gay non siete normali”: libro shock del generale dell’Esercito. L’esercito prende le distanze e lui replica…