Un post-it con scritto “Froc*o vattene” al posto del nome sul citofono, bloccando anche il pulsante e quindi facendo rumore ininterrottamente. E’ l’attacco omofobo subito da Luca Tommassini, coreografo anche per vari show televisivi tra cui X Factor e Dance Dance Dance e regista di videoclip e spot pubblicità, nato 50 anni fa a Roma.
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Era nel suo appartamento a Trastevere, quando è accaduto. A denunciare il fatto è il Gay Center, contattato in giornata da persone vicine a Tommassini: “Vicenda in pieno stile salviniano – dice Fabrizio Marrazzo, portavoce del Gay Center – Matteo Salvini, infatti, aveva lanciato da Bologna questa nefasta moda delle ‘suonate ai citofonò che, come vediamo, purtroppo crea gesti di emulazione. Tale episodio è inaccettabile, violare la privacy è un fatto molto grave, allarmante se poi si parla anche di persone gay e lesbiche. Chiediamo un intervento immediato della ministra dell’Interno Luciana Lamorgese al fine di tutelare la vita privata delle persone e, oggi, di Luca Tommassini”.
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A raccontare quanto subito è anche l’artista stesso, che ha affidato ai social il suo racconto. “Oggi è apparsa questa scritta sul citofono del mio palazzo, accanto ai miei due interni. In un attimo mi è risalita tutta la rabbia di quando ero bambino e mi urlavano dietro ‘”frocio” a scuola e per strada. Mi è tornata la paura che avevo quando mia madre mi svegliava ogni mattina e pensavo che avrei dovuto affrontare da solo un’altra giornata passando per quella maledetta strada, davanti all’officina di mio padre che faceva finta di non vedermi. Si vergognava di me. Non ho parlato per anni durante la mia infanzia per farlo stare sereno, per non farlo litigare con mia madre. L’ha picchiata spesso: le diceva che ero “frocio” e le dava la colpa e le botte. Quando io e mia madre decidemmo di iscrivermi alla scuola di ballo sotto casa, lo facemmo di nascosto. Quando papà lo scoprì, ci fu una rissa a casa, tra le più brutte, in cui papà urlava a mamma che non dovevo più andare a studiare danza perché diventavo “frocio” e che finì con lui che ruppe una bottiglia di vetro sulla parete della cucina tenendo in mano il becco rotto cercando di colpire mamma e io che saltai dalla mia sedia mettendomi tra loro due evitando la tragedia, urlandogli in faccia ‘vattene’. Io non ho mai abbassato la testa e ho sempre continuato a ballare. Più avevo paura e più alzavo la musica”.
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