Fallisce il referendum sulla famiglia tradizionale e contro le nozze gay in Romania. Secondo i dati ufficiali, alla chiusura delle urne, l’affluenza è arrivata al 20,4%: il dato è quindi lontano da quel 30% necessario per la validità della consultazione.
La votazione si è svolta in due giorni: alle 16 ora locale (le 15 in Italia) di oggi, l’affluenza registrata era del 15,21%, mentre il 6 ottobre, cioè la prima giornata, la partecipazione alle urne era stata di appena il 5,72 %, secondo la commissione elettorale.
Il referendum, appoggiato da quasi tutte le forze politiche, proponeva di inserire nella Costituzione una norma secondo cui il matrimonio dev’essere necessariamente tra un uomo e una donna. La formula attuale è invece neutra, nonostante nel Paese i matrimoni omosessuali siano già vietati. L’iniziativa è partita da una raccolta firme che ha ottenuto tre milioni di adesioni, organizzata dalla “coalizione per la famiglia”, un’organizzazione che raccoglie più di 40 gruppi religiosi e conservatori, sostenuta dalla Chiesa ortodossa (in Romania l’80 per cento della popolazione è cristiano ortodosso).
Favorevole alla modifica costituzionale anche il Partito socialdemocratico, guidato dalla premier Viorila Dancila, di centrosinistra e attualmente al governo, accusato di corruzione e convinto che questa manovra possa premiarlo alle prossime elezioni. Contrarie, invece, le associazioni Lgbt e diverse Ong, oltre al partito Unione salva Romania che dal 2015 si pone l’obiettivo di combattere la corruzione e conta tra i suoi membri sia parlamentari progressisti che conservatori, tra cui il presidente rumeno Klaus Iohannis.