Nella Repubblica Popolare l’omosessualità è stata depenalizzata vent’anni fa, ma resta un forte stigma nella società cinese. L’Ong Human Rights Watch ha pubblicato un rapporto che svela la brutalità delle terapie riparative nelle cliniche cinesi.
Un quadro che ci riporta alla mente i campi di concentramento e i disumani esperimenti medici nazisti. Questo è quanto emerge dal report dell’organizzazione umanitaria, che ha intervistato diciassette omosessuali cinesi che hanno affrontato le terapie riparative nelle strutture sanitarie locali.
Queste terapie, dichiarate inefficaci e dannose dalla comunità scientifica, sono disponibili in Cina sia negli ospedali pubblici che nelle cliniche private e comprendono isolamento, medicazione forzata, elettroshock.
Si tratta di servizi a cui nella stragrande maggioranza dei casi i gay cinesi si rivolgono su pressione delle famiglie, che ancora oggi considerano una disgrazia avere un figlio omosessuale. “Mio padre ha detto che non sapeva come sarebbe sopravvissuto, come avrebbe affrontato il resto della famiglia se solo avessero scoperto che io ero gay – ha dichiarato uno degli intervistati – Mi implorava di andare così lui poteva continuare a vivere… a quel punto che cosa mi restava da fare? Non avevo davvero altre vie d’uscita”.
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In tutti questi casi ai “pazienti” non viene chiesto il consenso informato, ma si trovano a sottostare a cure a cui non erano preparati. “Le mie zie riuscirono a spingermi fuori di casa e caricarmi su una macchina parcheggiata fuori– ha raccontato un altro – Guidarono per circa due ore fino a Chongqing. Mi dissero di aspettare con mia mamma, mio padre stava facendo le procedure di registrazione. Poi l’infermiera disse che potevo portare il mio bagaglio nella stanza e andare a farmi visitare dal dottore”.
Nelle cliniche i gay cinesi sono in balia di continuepressioni e umiliazioni da parte dei medici, che li chiamano “pervertiti”, “invertiti”, “malati”: “Il dottore mi disse che l’omosessualità è promiscua e depravata – ricorda Zhang Zhikun – e che se non fossi cambiato mi sarei ammalato e sarei morto di Aids“.
Tra le cure a cui essere sottoposti c’è infine la tortura dell’elettroshock, che viene usato per associare stimoli dolorosi ad immagini omoerotiche: “Appena è stato acceso, ho cominciato a sentire dolore. Sembrava di avere aghi che infilzavano la mia pelle. Poi dopo pochi minuti ho iniziato a tremare… ho realizzato dopo che si trattava di una macchina per l’elettrocuzione”.
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L’obiettivo di Human Rights Watch e delle associazioni LGBT che sostengono il rapporto è la messa al bando di queste pratiche nel paese asiatico. In Italia invece le terapie riparative sono state pubblicamente disconosciute nel 2010 da psicologi, psichiatri, terapeuti e studiosi nel campo della salute mentale. Nel 2016 il senatore Sergio Lo Giudice ha depositato una proposta di legge per renderle illegali sui minorenni, ma giace ancora non esaminata a Palazzo Madama insieme alla legge contro l’omofobia.