Dopo la guerra, Vladimir Putin firma un altro orrore: d’ora in poi l’omosessualità in Russia non sarà più solo un crimine, ma anche una malattia mentale.
Lo zar ha infatti ordinato la creazione di un istituto per studiare “queste e altre questioni comportamentali”. Il nuovo organismo affiancherà il Centro di psichiatria e narcologia Serbsky, già noto negli anni ’60-80 perché i suoi psichiatri torturavano e dichiaravano malati di mente i dissidenti sovietici. Insomma, l”‘istituto di ricerca” darà vita a veri e propri “metodi psichiatrici per riportare le idee sul proprio ruolo gender alla realtà”.
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Una proposta, questa, giunta dal deputato reazionario Anatoly Vasserman e che si va ad aggiungere ai già divieti presenti a Mosca. Tra questi l’obbligo a cui devono andare incontro negozi, eventi e perfino asili nido costretti a eliminare dalle loro insegne il simbolo dell’arcobaleno. Alla base la preoccupazione espressa dal vicepresidente della Duma Pyotr Tolstoy, ossia che i russi possano avviare la transizione sessuale per evitare di venire arruolati (l’ex Armata Rossa, a differenza dell’esercito ucraino che ha delle unità di volontari transgender, non si fida di loro).
Intanto il portale arcobaleno “Parni+” sospetta l’imminente introduzione in Russia delle “terapie di conversione” per “curare” gli omosessuali. Non a caso c’è chi tenta di accelerare i tempi della transizione. Il sito femminista Kosa racconta che i trans russi stanno ricorrendo a un frenetico fundraising, anche nei social, per riuscire a compiere la transizione prima che la legge entri in vigore.