E’ finalmente uscito “Welcome 2 America“, l’album di Prince rimasto fin qui inedito e conservato nel caveau del suo quartier generale di Paisley Park.
Dopo averlo realizzato nel 2010 l’artista decise di non pubblicarlo. Ora è stato pubblicato e ciò che è arrivato al pubblico è uno dei migliori lavori dell’ultimo ventennio artistico di Prince.
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Realizzato in un periodo in cui la sua carriera discografica non era certo all’apice (nei primi anni 10 alcuni dei suoi album venivano regalati ai concerti o allegati ai giornali) e nato da una serie di jam session condotte da Prince con la bassista allora ventenne Tal Wilkenfeld, che ha suonato con Jeff Beck, e con il batterista Chris Coleman, un musicista esperto con alle spalle esperienze con Chaka Khan, Christina Aguilera, Babyface. Tutt’altro discorso invece per la sua fama di performer straordinario, tornata in quegli anni all’apice grazie all’Half Time Show del Super Bowl o alle leggendarie 21 serate alla O2 Arena di Londra. Tanto più che “Welcome 2 America” fu il titolo del tour di quell’anno, seppure agganciato di fatto a un disco fantasma.
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Ora che l’album ha visto la luce è emerso un lavoro con testi carichi di impegno che ricordano i tempi di “Sign O’ The Times” e una ricchezza musicale che si muove tra le coordinate di soul, funk e rock. Evidenti gli omaggi al sacerdote del soul funk impegnato Curtis Mayfield, tante le divagazioni jazzy. Nei testi trovano spazio tanto l’ambientalismo (“1000 Light Years From Here“) quanto la sua imperitura guerra con l’industria musicale (“Running Game (Son of a Slave Master)“).
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Non tutto è all’altezza dei capolavori della sua carriera, ma anche i momenti più deboli, come la cover di “Stand Up and B Strong” dei Soul Asylum, restano su livelli sufficienti. La post produzione è stata curata da Morris Hayes.