Durante il suo discorso sullo Stato dell’Unione, il presidente Donald Trump ha espresso davanti al congresso degli Stati Uniti l’intenzione di fermare le infezioni da hiv nel Paese entro il 2030. Solita sparata? Non proprio. Secondo gli esperti statunitensi l’obiettivo è raggiungibile ma bisogna darsi da fare ampliando i programmi di cura, assistenza e prevenzione.
Trump non è il primo presidente a utilizzare il discorso sullo Stato dell’Unione per esporre obiettivi scientifici. Obama aveva rinnovato l’impegno contro il cancro nel 2016 e Bush nel 2003 annunciò la creazione del programma Pepfar proprio per combattere l’Aids. “Negli ultimi anni abbiamo compiuto notevoli progressi nella lotta contro hiv e Aids”, ha dichiarato Trump. “Le scoperte scientifiche hanno messo quello alla nostra portata che sembrava un sogno lontano. Il mio budget chiederà a democratici e a repubblicani di impegnarsi a eliminare l’epidemia di hiv negli Stati Uniti entro 10 anni. Abbiamo fatto passi da gigante incredibili. Insieme, sconfiggeremo l’Aids in America e non solo”.
Ma è davvero possibile debellare un’epidemia che ancora oggi solo negli Usa conta 40mila nuove infezioni all’anno? Sì, è fattibile – dicono diversi esperti interpellati dalla rivista Vox – ma ci deve essere un serio impegno del governo, che dovrà superare sfide su diversi fronti.
Quanto detto da Trump sui progressi medici contro hiv corrisponde infatti a verità. Oggi esistono terapie con farmaci antiretrovirali che, se seguite diligentemente, consentono alle persone che hanno contratto il virus di negativizzarsi (cioè di far sparire l’hiv dal sangue), evitare di trasmettere l’infezione a altre persone e vivere in sostanza una vita quasi normale. Un’altra terapia, la Prep, ha la capacità di proteggere le persone sane a rischio di infezione dal virus.
I farmaci però non bastano, altrimenti il problema sarebbe stato risolto da tempo. E l’amministrazione Trump non ha (ancora) presentato un reale piano d’azione.
La prima sfida dovrebbe essere quella di aumentare la percentuale di persone sieropositive che riescono a sopprimere il virus grazie alle terapie farmacologiche, che a oggi ammonta solo al 50%. Così si abbatterebbe la trasmissione del virus.
La Prep, poi, dovrebbe essere resa più disponibile, rientrando nei programmi di sovvenzioni federali già esistenti, che andrebbero dunque ampliati anche alle persone che non hanno (ancora) contratto l’hiv ma che sono ad alto rischio per via, per esempio, del proprio lavoro o perché vivono con un malato. Al momento i singoli possono farne richiesta e il farmaco viene fornito ma solo se hanno un’assicurazione abbastanza buona.
Negli Stati Uniti, soprattutto nel Sud-Est, la popolazione più colpita dall’hiv è costituita da afroamericani gay, bisessuali e transgender. Tutte minoranze che non amano la presidenza Trump, che si è sempre dimostrata ostile.