Emiliano Fittipaldi ha messo insieme per Repubblica.it le storie, i documenti e le carte giudiziare di ben 200 preti pedofili italiani. Partiamo dalla Calabria, dove c’è don Antonello Tropea, che nel marzo 2015 viene trovato dalla polizia in un’auto con un diciassettenne conosciuto grazie alla app Grindr usata per incontri gay. 20,00 € è il costo della prestazione. Indagato per prostituzione minorile, il prete continua ad esercitare il suo “lavoro” di fede e confida, di tanto in tanto, i suoi segreti al vescovo monsignor Francesco Milito. “Evita di parlare con i carabinieri di queste cose” gli suggerisce il superiore senza sapere di essere ascoltato.
Poi c’è il vescovo Francesco Oliva, nominato da Papa Francesco nel 2014: è lui che nel 2015 manda in una parrocchia a Civitavecchia un suo sacerdote, don Francesco Rutigliano, che la Congregazione per la dottrina della fede ha in passato sospeso per quattro anni, nel 2011, per “abuso di minore con l’aggravante di abuso di dignità o ufficio, commesso nel periodo tra il 2006 e il 2008” obbligandolo alla “celebrazione di 12 Sante Messe con cadenza mensile a favore della vittima e della sua famiglia “.
A Ostuni, c’è Franco Legrottaglie, condannato nel 2000 per atti di libidine violenta su due ragazzine, mai sfiorato da processi canonici: nel maggio 2016 è stato pizzicato con 2.500 immagini pedopornografiche conservate sul computer in cartelle con i nomi dei santi. Ha lanciato una moda: anche don Andrea Contin, indagato a Padova per induzione alla prostituzione, etichettava i filmini hard a cui partecipavano le sue amanti con i nomi dei papi.
A Catania c’è un sacerdote avrebbe minacciato con un coltello alla schiena un quindicenne costringendolo a rapporti sessuali. Poi c’è don Siro Invernizzi che aveva approcciato in strada un ragazzino rom di tredici anni che si prostituiva. E ancora: a Grosseto c’è un sacerdote rinviato a giudizio nel luglio 2016 per molestie a tre ragazzine, a cui avrebbe rivolto “attenzioni troppo intime”. A Pietrasanta, in Versilia, dalla scorsa estate c’è un’altra indagine (ancora in corso) su un prete straniero appartenente all’ordine dei Carmelitani: la curia generalizia di Roma è stata citata in sede civile come responsabile dei danni per non aver esercitato il controllo sul religioso […].
Sono oltre 200 i sacerdoti italiani denunciati per atti di lussuria con adolescenti. Eppure, in Italia, lo scandalo non è mai esploso. “Ciò che mi preoccupa qui è una certa cultura del silenzio“, disse monsignor Charles Scicluna quando faceva il promotore di giustizia della Congregazione della dottrina della Fede.
In realtà, il “sistema” che copre e protegge gli orchi e le casse della Chiesa funziona anche qui. E meglio che altrove.
Ancora oggi il Vaticano non prevede che sacerdoti e vescovi abbiano l’obbligo di denunciare i colleghi maniaci alla giustizia ordinaria. Gli insabbiamenti o le difese d’ufficio coinvolgono pezzi da novanta della gerarchia come il vescovo di Brescia, quello di Como, quello di Castellaneta, il vescovo emerito di Palermo, cardinale Paolo Romeo, quello di Savona, cardinali di peso come Antonelli, Bertone e Domenico Calcagno. Quest’ultimo ha fatto carriera con Benedetto XVI, e anche Francesco l’ha confermato sulla poltrona di presidente dell’Apsa, l’ente che gestisce l’immenso patrimonio della Santa Sede.
Da: Repubblica.it