«Ragazzo dove vai se vuoi una pagnotta?».
«Dal fornaio, coach».
«E dove vai se vuoi un cosciotto d’agnello?».
«Dal macellaio, immagino…».
«Allora perché continui ad andare in quei fottuti locali per froci?».
Meglio una sola dichiarazione collettiva che tante isolate e solitarie. L’ultima ricetta per contrastare l’omofobia nel mondo del calcio arriva dall’Inghilterra: un coming-out estivo di gruppo, protetto e avallato dalla Federcalcio e dalle due maggiori leghe professionistiche, prima dell’inizio dei prossimi campionati. «Se un certo numero di giocatori di alto livello vogliono dichiararsi gay, perché non farlo tutti assieme?
Il pallone non è uno sport per gay, almeno è quello che si è detto fino ad oggi, i gay ci sono sempre esistiti ma, sopratutto nel calcio, si è sempre preferito star zitti per evitare di finire come Fashanu. Fece coming out alla fine degli anni ‘90 e finì con la gogna pubblica, l’onta del ripudio da parte del fratello John, la fuga negli Usa, l’accusa di stupro di un adolescente, il suicidio.
Quasi vent’anni dopo arriva la proposta di Greg Clarke, presidente della Federcalcio inglese, conservatore pentito che l’anno scorso aveva vivamente sconsigliato qualsiasi calciatore omosessuale di venire allo scoperto, pena «pesanti offese». La notizia è che Clarke, alle prese con il pesantissimo scandalo della pedofilia (dallo scorso novembre quasi quotidianamente i tabloid inglesi aggiornano il conto dei club coinvolti nella vicenda degli abusi sessuali commessi su giovani giocatori degli anni 70 e 80), ha cambiato idea: “La mia proposta è questa: se un certo numero di calciatori di alto livello vogliono dichiararsi gay, perché non farlo insieme? Una persona non dovrebbe affrontare tutta la pressione da solo ma la condividerebbe con altri”.
In Italia invece, nonostante l’appello dell’ex c.t. Cesare Prandelli («L’omofobia è razzismo: calciatori, fate coming out…») nessuno. “Mi piace pensare che nel 2017 ciascuno si senta liberamente se stesso nell’ambiente in cui lavora — spiega Damiano Tommasi, presidente dell’Assocalciatori, al Corriere Della Sera — Credo che siamo a buon punto. I tempi sono cambiati, la società pure”. Se lo immagina, Tommasi, un coming out di massa in serie A? “Con quale obiettivo? Dove si vuole arrivare? Farne un evento, proprio no. E sinceramente credo non sia lo scopo nemmeno degli inglesi”.