Il 21 ottobre scorso, durante il Festival del Cinema di Roma, il documentario di Evgeny Afineevsky intitolato Francesco e dedicato all’attuale pontefice della Chiesa cattolica aveva creato grande risonanza presso la stampa di tutto il mondo a causa di alcuni commenti espressi nel lungometraggio da papa Francesco a tema lgbt+. Secondo quanto riportato due settimane fa, infatti, il leader vaticano aveva dichiarato: “Gli omosessuali hanno diritto di essere in una famiglia. Sono figli di Dio e hanno il diritto a una famiglia”. E poi: “Ciò che dobbiamo creare è una legge sulle unioni civili. In questo modo, gli omosessuali godrebbero di una copertura legale”.
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Oggi il Vaticano ha smentito qualsiasi apertura della dottrina della Chiesa cattolica a proposito delle unioni lgbt+ (o della comunità lgbt+ in generale).
A fine ottobre, la Segreteria di stato vaticana ha inviato una nota esplicativa ai suoi ambasciatori, da inoltrare ai vescovi (il nunzio apostolico in Messico Franco Coppola l’ha postata anche sul suo profilo Facebook): la frase pronunciata da papa Francesco nel lungometraggio di Afineevsky sarebbe stata ottenuta unendo due citazioni diverse in risposta a domande separate, decontestualizzando quindi completamente le parole del pontefice.
“È chiaro che papa Francesco si riferisse a certe disposizioni dello stato e non certo alla dottrina della Chiesa, che ha riaffermato numerose volte negli anni”, ha spiegato la Santa Sede. Ossia, che gli omosessuali devono essere trattati con rispetto ma gli atti da loro compiuti sono comunque da considerarsi peccaminosi ai fini della fede. Dopo la premiere del documentario, il regista Afineevsky si è rifiutato di discutere il processo di montaggio della sua opera e l’agenzia di stampa Reuters risposta di non essere riuscita a contattarlo per un commento sulla nota del Vaticano.
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Le immagini montate nel documentario del 2020 sarebbero state estrapolate dal materiale inedito di un’intervista rilasciata da Francesco alla rete messicana Televisa nel 2019.