Era rientrato in Cecenia lo scorso agosto per partecipare al matrimonio di sua sorella. Da quel momento, di Zelimkhan Bakaev, popstar russa nata in Cecenia, non si è più saputo nulla di certo. Da qualche ora, però, rimbalza sui web stranieri la notizia che il 26enne sarebbe stato ucciso durante una delle purghe anti-gay che nei mesi scorsi mesi avrebbe portato all’arresto di circa 100 omosessuali ceceni, deportati in alcuni campi e torturati a causa del loro orientamento sessuale. A luglio, Novaya Gazeta (il periodico russo per il quale lavorava anche la giornalista Anna Politkovskaja, assassinata il 7 ottobre 2006 a Mosca in circostanze non ancora chiarite) aveva pubblicato un elenco di 27 ragazzi, nati tutti tra il 1987 e il 1998, fucilati dopo aver subito per giorni sevizie indicibili e poi sepolti in fosse comuni scavate nel giro di una notte. Nel rivelare l’identità dei ragazzi uccisi, Novaya Gazeta aveva aggiunto che altri 56 cittadini ceceni sarebbero scomparsi nel mese di gennaio di quest’anno, prelevati dalla prigione segreta di Grozny, la capitale cecena dove il cantante Zelimkhan Bakaev ha raggiunto la sorella l’8 agosto.
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Come riporta il settimanale francese Le Nouvel Observateur, riprendendo la notizia dal sito della rete televisiva Lci, a raccontare quello che sarebbe stato il destino di Zelimkhan è stato Igor Kochetkov, fondatore dell’associazione Russian LGBT Network. Secondo Kochetkov, il cantante sarebbe stato sospettato di essere omosessuale e per questo arrestato e ucciso. “È arrivato a Grozny ed è stato arrestato dalla polizia tre ore dopo. Dieci ore dopo, è stato ucciso”, hanno specificato alla televisione russa Dozhd TV5 alcuni amici del cantante.
Concerned for missing singer Zelimkhan Bakaev—who was detained by security forces after returning to Grozny #bringbakaevback #EyesOnChechnya pic.twitter.com/luNDXU0LSf
— Human Rights First (@humanrights1st) 31 agosto 2017
Nel frattempo, l’account Instagram di Zelimkhan Bakaev è stato cancellato, e anche il telefono non è più raggiungibile. Qualche giorno dopo la scomparsa la madre ha però ricevuto su WhatsApp un messaggio in cui Zelimkhan, o qualcuno che fingeva di esserlo, la informava di essere riparato all’estero. La donna ha chiesto aiuto al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite e al Ministero dell’interno ceceno per ritrovare suo figlio. La risposta è arrivata dal ministro degli esteri e dalla polizia cecena, che negano qualsiasi coinvolgimento: per le autorità il cantante ha lasciato il Paese. A sostegno di questa posizione ufficiale, il 24 settembre Grozny TV ha mandato in onda un video dove un individuo dice di essere Zelimkhan e di vivere in Germania. Per le associazioni Lgbt il video è un falso perché nulla indica quando sia stato girato e gli oggetti che si vedono nella stanza, come una bottiglia di birra, non sono tedeschi ma russi. Per gli attivisti questo è l’ennesimo tentativo di insabbiare le violenze perpetrate nei confronti della comunità omosessuale della Cecenia. Del resto, nell’aprile scorso le autorità avevano fermamente negato la purga anti-gay con una dichiarazione che era suonata a molti ridicola: “In Cecenia non esistono gay, dunque è impossibile che siano stati arrestati, uccisi o perseguitati dal momento che non esistono”. Per poi aggiungere che “se esistessero le loro famiglie provvederebbero a spedirli in un luogo dal quale non c’è ritorno”. Forse lo stesso luogo dove sono finiti Zelimkhan Bakaev e i suoi 26 anni.