Foggiano, classe 1985, dirige attori famosi (e non) per il cinema nostrano e internazionale, tutto questo e molto altro ancora è Carlo Fenizi, tra i più giovani registi e sceneggiatori italiani.
Da sempre affascinato dalla cultura ispanica e dal cinema, dopo essersi laureato in Letteratura e Lingua italiana presso La Sapienza a Roma e aver preso una seconda laurea magistrale in Traduzione e Interpretariato in lingua spagnola presso la Unint, studia regia a Firenze e vola a Cuba per intraprendere un corso di specializzazione in direzione degli attori e messa in scena alla Escuela Internacional De Cine y Televisión. Debutta dietro la cinepresa nel 2008 in Spagna, dove venne girato il suo primo mediometraggio “La luce nell’ombra”, un noir sperimentale dall’impronta grottesca. Nel 2013 viene premiato con il Commitment Award a Milano per il grande valore e impatto sociale del suo Effetto Paradosso, il suo secondo lungometraggio. In quegli anni venne definito come l’enfant prodige del panorama cinematografico italiano, poiché all’età di soli 28 anni era riuscito già a riscuotere un ragguardevole successo. Con impegno e dedizione, infatti, spinto finanche da una forte passione, è riuscito a dar vita a degli autentici gioielli, ingegnose commedie che al loro interno nascono dei drammi, per i quali si è aggiudicato svariati riconoscimenti, tra cui il Premio al Roma Videoclip Festival 2017 per il video che accompagna il singolo Non voglio andare via, un brano postumo e inedito della cantante Giuni Russo, che vede la partecipazione di Maria Grazia Cucinotta.
Nel 2018, inoltre, ha fondato la sua casa di produzione cinematografica, la Tejo. Geniale visionario e sempre all’avanguardia, ad oggi Fenizi è alle prese con il suo quarto film dal titolo Istmo, che presto approderà sul grande schermo.
La storia è quella di Orlando (interpretato da Michele Venitucci), un traduttore di vecchi film latinoamericani per un festival del cinema e al tempo stesso un influencer intrappolato nel labirinto claustrofobico della sua quotidianità. E così, in occasione dell’imminente uscita della sua ultima pellicola prevista per i prossimi mesi, abbiamo deciso di scambiare quattro chiacchiere proprio con lui.
Carlo, tu sei un regista, uno sceneggiatore e un produttore cinematografico. In molti si chiedono in cosa consista realmente il lavoro di un direttore artistico, dunque, chi meglio di te può rispondere. Cos’è la regia in un film?
Ottima domanda! Sembra scontata, ma la maggior parte della gente non sa chi è e cosa fa un regista. In tanti a questa domanda rispondono: il regista decide e comanda. Il regista non comanda, né decide, il regista guida il suo gruppo verso un obiettivo comune da lui proposto e da tutti condiviso. Lo identificherei con uno stregone, la personificazione dello strumento creativo attraverso cui una storia si trasforma in film, colui che attua la magia della messa in scena attraverso il suo sguardo sul mondo e la sua sensibilità artistica. Però perfino questa è una risposta parziale. È anche bello che rimanga del mistero nell’idea che ognuno si fa.
Cosa ci dici del tuo ultimo film “Istmo”?
Per ora tutto top secret, non intendo svelarvi ancora nulla, ma cito con orgoglio il mio splendido cast: Michele Venitucci, protagonista assoluto, amico e attore dalle doti rarissime, Caterina Shulha, bellissima, dal talento e rigore unici, Timothy Martin, un soldato della scena dal forte impatto e la partecipazione straordinaria dell’attrice spagnola Antonia San Juan, per me, un sogno divenuto realtà.
Antonia San Juan è una notissima attrice spagnola, colei che ha interpretato Agrado nel film premio Oscar “Tutto su mia madre” di Pedro Almodovar, che tipo di esperienza è stata lavorare con lei?
Con Antonia c’è un legame speciale, riesce a trasmettere verità e intensità nella scena in modo impressionante. C’è stata una comunicazione molto fluida ed è riuscita (in una lingua diversa dalla sua) a portare immediatezza ad un personaggio molto difficile, e poi è facilissimo lavorare con lei: la semplicità e la disponibilità dei grandi. Per me è stato un onore.
Perché sei così legato alla Spagna e al mondo ispanoamericano?
Nel mio percorso universitario ho affrontato lo studio della lingua e della letteratura spagnola. Ho frequentato la scuola di cinema di Cuba e ho fatto il mio primo mediometraggio in Spagna. Al di là di tutto ciò, posso dire che è un linguaggio culturale, quello filo ispanico, più affine alla mia natura, in particolare il realismo magico latinoamericano. Forse, in un’altra vita, sono nato e vissuto in quelle terre.
Negli ultimi tempi, purtroppo, si sente spesso parlare di abusi e soprusi sui set cinematografici. Cosa pensi a riguardo?
Penso che scoperchiare il vaso di Pandora sia stato molto importante per mostrare al mondo l’impossibilità di trovare un cammino limpido nel mondo dello spettacolo. Giudicare la denuncia solo perché magari postuma è rischioso e credo che si debba considerare la soggettività, ognuno reagisce in modo diverso a certe esperienze.
Molti dei più grandi registi sono conosciuti anche, o forse soprattutto, per le loro strambe manie. Ad esempio, Quentin Tarantino è noto per non poter fare a meno di dover scrivere tutto a mano. E tu, invece, hai qualche particolare fissazione quando lavori sul set?
Piccole cose, nessuna particolarmente “scenica”. Molte non le perseguo fino in fondo perché con lo stress del set addirittura me ne dimentico e le perdo per strada. L’unica costante?! Faccio in modo che il primo giorno di ripresa coincida con la luna crescente!
Insomma, visti i precedenti non ci sono dubbi si tratterà dell’ennesimo capolavoro e nell’attesa di riuscire a scoprire qualcosa in più sul suo progetto, non possiamo far altro che augurare il meglio a Carlo per questa nuova avventura!