Cara Barbara d’Urso ti riscrivo e credo che tornerò a farlo ogniqualvolta ne sentirò il bisogno.
Sono rimasto davvero colpito dal modo in cui sei riuscita a portare avanti, interamente da sola, in una situazione piuttosto complicata, l’ultima puntata di Live – Non è la d’Urso e dalla prontezza con la quale hai trattato tutti i temi previsti, rispettando i tempi in scaletta. Non sono risultati difatti un problema gli aggiornamenti sul Coronavirus e l’assenza di pubblico in studio, d’altronde, dopo 43 anni, per te è un gioco da ragazzi tener in piedi un talk show. L’unico grattacapo è stato l’increscioso quanto vergognoso comportamento di Vittorio Sgarbi nei confronti tuoi, degli addetti ai lavori e di Stella Cadente (Manente) che, francamente parlando, nel ricordarmi delle irripetibili esternazioni sul Gay Pride di Milano la scorsa estate, non avrei chiamato in causa nemmeno se mi fosse stata raccomandata da Dio! Non è la prima volta che quel “signore” riversa, senza ovvie ragioni, a chiunque gli capiti a tiro, rabbia e frustrazione condite con la “violenza verbale” di cui solo un piccolo e vile uomo può farsi portavoce. Sorvolerei, inoltre, sui deliri di onnipotenza patologici di cui soffre da circa quarant’anni, ma da telespettatore preferisco soffermarmi sullo sgradevole spettacolo a cui, non volendo, ti sei trovata costretta, insieme a noi da casa, ad assistere.
È raccapricciante restare inermi ad osservare un uomo inveire dissennatamente contro una donna, ma è ancor più soddisfacente vedere quest’ultima uccidere la tracotanza di lui con il silenzio! “Chi tace, acconsente”, urlerebbero gli ignoranti, non sapendo che proprio in quella quiete si nasconde timida ogni ragione. Della serie, il clamore chiassoso lasciamolo a chi è abituato a far rumore inutilmente.
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Si dice, di solito, che in tv c’è spazio per molte cose e sono realmente tanti i personaggi che, quotidianamente, vengono ospitati da qualsivoglia tipo di programma; quello che non capisco però è perché, a discapito delle buone maniere, dell’educazione e magari anche di chi avrebbe qualcosa di sensato da esprimere, si ha la strana abitudine di dar spazio, spesso e volentieri, al cattivo gusto, invitando nei vari salotti persone volgari e sgarbate!
Cara Barbara, non volermene, un individuo come Vittorio Sgarbi non può e non dovrebbe essere più e in nessun contesto accreditato o presentato in veste di ACCULTURATO. Le parole hanno un peso, nonostante vadano contestualizzate, ma comunque non bisogna dimenticare il loro significato. Non mi sento in dovere di insegnare nulla a nessuno, tuttavia se costui è un uomo da presentare quale acculturato, come dovremmo definire chi del peso della Cultura ha rivestito il nostro Paese? La cultura non è semplice conoscenza accademica di una o più materie. Avere cultura significa soprattutto avere rispetto e buon senso. Il termine “cultura”, infatti, sta per “coltivare”, non certo prepotenza o aggressività, piuttosto la “cura verso gli altri”. Vittorio Umberto Antonio Maria Sgarbi sarà indubbiamente un uomo erudito, un rinomato critico d’arte, un riconosciuto saggista, un sostenuto politico e un sindaco esemplare, insomma, chi più ne ha più ne metta, dopotutto, oggi, il mondo è pieno di gente che ama vantarsi delle infinite qualità che non possiede! Essere ricordati per l’irascibilità delle proprie litigiose invettive televisive anziché per ciò che avrebbe potuto valere la pena, ma alla fine ha finito per farla, deve essere assai triste, non trovate?!
Per concludere, individui di così basso spessore andrebbero “soppressi” televisivamente e tenuti a debita distanza da ogni riflettore. Cara Barbara d’Urso, un consiglio, spassionato, da chi ti vuol bene, seppur mi auguro di non rivederlo più nelle tue trasmissioni, qualora non dovesse accadere, quei “calci in culo” promessi, la prossima volta, daglieli, nelle palle!!!
Col Cuore,
L’Irriverente Simone Di Matteo