Mario Jardel. Qualcuno se lo ricorderà come il brasiliano inarrestabile che vinse due volte la scarpa d’oro a cavallo del XXI secolo; altri se lo ricorderanno come il centravanti triste e sovrappeso che arrivò all’Ancona, che quando si presentò sbagliò settore e andò a salutare la curva ospite, poi giocò tre partite e, impresentabile, non vide più il campo. Molti meno, forse, se lo immaginano 50enne e icona della comunità gay brasiliana. Perché Mario Jardel, dopo essere stato anche concorrente del Grande Fratello Vip in Portogallo, è diventato il testimonial del “primo reality show LGBTQ+ della storia”, a casa sua.
La truffa del reality LGBTQ+:
Peccato che fosse tutta una truffa. Dietro c’è l’imprenditore biellese Mirko Ferrari che, scrive il Secolo XIX, avrebbe raggirato un migliaio di persone (e 35 lo hanno già denunciato attraverso l’Afue, Associazione vittime di truffe finanziare internazionali), chiedendogli di finanziare delle piattaforme di criptovalute e Cruzeiro Colorido, un reality su un’isola deserta per raccontare le trasgressioni della comunità LGBTQ+ di cui Jardel era volto e opinionista ufficiale.
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“La mia casa di produzione, in collaborazione con una società televisiva italiana, gestirà il progetto”, diceva Jardel in occasione del lancio del reality, trasmesso sul web nel 2022. Ai potenziali clienti, Ferrari prometteva che, dopo la prima stagione, lo show sarebbe andato su Netflix. Tutto inventato, ma il nome della più grande piattaforma di streaming al mondo era garanzia di rendimento e Jardel un volto rassicurante che, presentato come partner, convinceva le vittime a sborsare i 300 euro richiesti. Una “raccolta fondi di fatto illecita e non regolamentata”, si legge nella denuncia dell’Afue, e che ha lasciato i truffati senza speranze di vedere il loro investimento fruttare.
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Anzi, ora la preoccupazione è se vedranno mai i soldi tornare. Questi, infatti, sarebbero già stati interamente girati sui conti privati dello stesso imprenditore. La sua società, la “Ferrari Pay”, risulta temporaneamente chiusa e, secondo L’Eco di Biella, dai suoi uffici a Biella sono scomparsi mobili e arredi.
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