L’ennesima apertura iper-progressista del Vaticano ha scatenato una bufera, tanto da spingere il dicastero per la Dottrina della Fede a fare chiarezza sulla dichiarazione Fiducia Supplicans, in particolare sulle benedizioni alle coppie gay.
La levata di scudi dei giorni scorsi da parte di diverse Conferenze episcopali ha spinto monsignor Víctor Manuel Fernández a firmare una nota insieme a monsignor Armando Matteo, segretario per la Sezione dottrinale, confermando la sensazione di aver fatto il passo più lungo della gamba. Ma le precisazioni hanno dell’incredibile, tanto da lasciare attoniti.
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Il balzano vademecum per le coppie gay prevede “benedizioni di pochi secondi, senza Rituale e senza Benedizionale”. Entrando nel dettaglio: “Se si avvicinano insieme due persone per invocarla, semplicemente si chiede al Signore pace, salute e altri beni per queste due persone che la richiedono. Allo stesso tempo si chiede che possano vivere il Vangelo di Cristo in piena fedeltà e che lo Spirito Santo possa liberare queste due persone da tutto ciò che non corrisponde alla sua volontà divina e di tutto ciò che richiede purificazione”. Oltre a non risolvere le problematiche avanzate dai contestatori – non parliamo solo delle Conferenze episcopali dell’Est tradizionalista, dalla Polonia all’Ucraina, ma anche di quelle africane e sudamericane – genera ulteriore confusione.
Oltre ad ammettere che i pronunciamenti dei vescovi sulle coppie gay sono comprensibili – ammettendo che, almeno in certi casi, può essere necessario “un periodo più lungo di riflessione pastorale” sulla Dichiarazione – Fernández è costretto a ribadire che le sue tesi non sono né eretiche né blasfeme. Ma c’è di più, come evidenziato da Alessandro Rico sull’edizione odierna della Verità:
Ma al di là delle scuse zoppicanti del cardinale Fernández, rimane il problema di capire davvero cosa siano le benedizioni della discordia: quasi nulla, viene da pensare, leggendo il comunicato stampa di ieri. Esse sarebbero «spontanee o pastorali», mai tali da configurare «una consacrazione della persona o della coppia che le riceve», da rappresentare «una giustificazione di tutte le sua azioni», o «una ratifica della vita che conduce». Retrocesse in serie B prima di essere amministrate. Giusto al fine rimarcare il loro carattere subalterno e secondario, Tucho aggiunge poi dei dettagli che sarebbero comici, se non fossero sconcertanti: «Per distinguersi chiaramente dalle benedizioni liturgiche o ritualizzate», ricorda, citando Fiducia Supplicans, «le “benedizioni pastorali” debbono essere […] molto brevi». In che misura? «Si tratta di benedizioni di pochi secondi, senza Rituali e senza Benedizionale». Per l’esattezza, «10 o 15 secondi», purché l’atipica cerimonia non si compia «in un posto importante dell’edificio sacro o di fronte all’altare». Così, la misericordiosa accoglienza pastorale si riduce a un gesto sbrigativo, fatto quasi di nascosto, in assenza di un rito, di una formula e di una qualsiasi approvazione delle unioni strette da quelle coppie. È una benedizione o un’umiliazione? Un aiuto ai fedeli o un contentino al clero arcobaleno?
Il contentino alla galassia Lgbt appare evidente, in linea con le altre aperture di Papa Francesco da qualche anno a questa parte. Resta il fatto che per queste benedizioni riservate alle coppie gay e per la comprensione ottimale della dichiarazione Fiducia Supplicans sarà necessaria una catechesi. Che pasticcio.