Un militare che si unisce civilmente a una persona dello stesso sesso «non può e non deve avere valutazioni e trattamenti diversi dall’ordinario ». A metterlo nero su bianco, in una comunicazione interna rivolta al Comando delle forze da combattimento dell’Aeronautica, è il generale Claudio Gabellini, fino allo scorso 15 settembre capo della struttura che riunisce stormi da combattimento e Frecce Tricolori. Il generale ha indirizzato la nota sulle unioni civili ai top gun italiani dopo che due militari si sono uniti civilmente fra loro. Non è dato sapere se nelle forze armate sia la prima unione civile dall’entrata in vigore della legge che le ha istituite. E l’Aeronautica protegge l’identità dei militari che hanno deciso di diventare ufficialmente coppia di fronte alla legge.
La circolare del generale Gabellini fissa un principio chiaro: «Ricordo a tutti — si legge — che il militare che dovesse fare “outing” o intendesse unirsi civilmente con altra persona dello stesso sesso, ovvero conviverci, non può e non deve avere valutazioni e trattamenti diversi dall’ordinario». E di conseguenza, «sarà considerato illegittimo ogni commento o comportamento teso a denigrare e offendere la reputazione di detto personale. Tutti i militari, a nulla rilevando le proprie scelte e orientamenti, dovranno essere valutati disciplinarmente soltanto laddove il contegno e la condotta non fossero in linea con i dettami dello specifico status ». Una presa di posizione autorevole, anche per la storia professionale di chi firma la nota. Gabellini è il primo italiano a essere stato nominato Chief of Staff del Nato Air Command con sede a Ramstein in Germania. Prima di guidare il Comando delle forze da combattimento, aveva pilotato un Tornadonella guerra in Kosovo ed era poi stato comandante di stormo.
La possibilità per i militari, uomini e donne, di sposarsi fra loro è stata chiarita nella direttiva SMA-ORD-007 emanata il 14 dicembre 2001 dal Capo di Stato Maggiore, con oggetto «Relazioni interpersonali tra uomo e donna nell’Aeronautica militare». Un documento di cui è stata più volte denunciata, anche in parlamento, la natura discriminatoria nei confronti dei militari omosessuali. Oggi, alla luce della legge Cirinnà sulle unioni civili, la circolare al Comando delle forze da combattimento rappresenta un passo avanti verso una maggiore parità. L’indicazione di Gabellini arriva in un momento di fermento nelle forze armate e nelle forze dell’ordine sul tema dei diritti delle persone omosessuali e transessuali. L’associazione Polis Aperta, che si riunirà in convegno a Milano il prossimo 10 ottobre, stima che i gay in divisa in Italia siano 19mila fra forze armate, carabinieri, polizia, guardia di finanza e polizie locali. Polis Aperta chiede al governo di garantire accesso ai ruoli operativi per le persone transessuali. E di investire in formazione per contrastare l’omofobia in caserme e commissariati, «problema diffuso e spesso considerato tabù», dice Simonetta Moro, presidente dell’associazione.
I casi di omofobia segnalati a Polis Aperta sono decine l’anno. Lo scorso luglio un poliziotto milanese ha trovato scritto “i froci non ci piacciono” sull’armadietto. Tre mesi prima, in Veneto, un militare 43enne ha espresso la volontà di suicidarsi perché “stanco degli insulti omofobi”. «Il bollettino del generale Gabellini ha un’importanza enorme va esteso a tutte forze armate — dice Gabriele Guglielmo, vicepresidente di Polis Aperta — decine di militari vorrebbero unirsi civilmente ma temono ritorsioni».
(La Repubblica)