Fantastic Machine di Axel Danielson e Maximilien Van Aertryck, voce narrante di Elio Germano (durata 85 minuti).
di Ulderico Grancini
Sono ormai passati quasi due secoli dall’invenzione della fotografia, ma dalla camera oscura a Instagram, dalla TV in bianco e nero a YouTube, l’immagine fotografica ha sempre avuto un potere sensazionale: quello di mentire e manipolare la realtà proprio mentre sembra registrarla fedelmente. Grazie allo straordinario lavoro sui materiali d’archivio dei registi Axel Danielson e Maximilien Van Aertryck, Fantastic Machine ripercorre a un ritmo travolgente la storia dei media che hanno cambiato in profondità le nostre vite, svelandone i segreti più nascosti: il risultato è un racconto insieme esilarante e sconcertante che dice molte cose sulla società in cui viviamo e sul modo in cui rappresentiamo noi stessi. «Da un lato, l’obiettivo di una macchina fotografica o di una telecamera è un prolungamento dei nostri occhi, un ampliamento del nostro campo visivo», affermano i due registi. «Dall’altro, bisogna ricordare che c’è sempre qualcuno dietro quell’obiettivo, che indirizza lo sguardo a favore dei propri interessi, che siano economici, politici o di altra natura… Siamo ormai arrivati ad avere circa 45 miliardi di obiettivi sul pianeta e viene da chiedersi se la miriade di immagini che vengono prodotte ogni giorno rendano più acuta la nostra visione del mondo o solo più sfocata». Un documentario, premiato al Sundance Festival e alla Berlinale, che ci porta alla riscoperta della fotografia e del cinema, dal primo dagherrotipo del 1839 ai selfie di oggi, con immagini mai viste, sorprendenti, inquietanti, spettacolari, e un messaggio da tenere sempre presente: a volte la realtà non è come sembra, basta cambiare il punto da cui la si guarda…
Nelle sale dal 9 maggio.