Giovani gay adescati sui siti di incontri online e poi sequestrati, rapinati, picchiati, umiliati e scherniti con frasi omofobe e sputi.
«Se non ci dai i soldi, diciamo a tutti che sei omosessuale e mettiamo su Internet le foto che ci siamo scambiati». Ma adesso la persecuzione è finita. Tre ragazzi di 20 anni di origine romena, residenti a Perugia, sono stati arrestati dai carabinieri della compagnia di Castel Gandolfo con le accuse di rapina ed estorsione, al termine di una complessa azione investigativa. Il giudice ha disposto per loro la detenzione ai domiciliari. Almeno undici le vittime, tutte irretite e vessate nelle ultime settimane: erano finite nella trappola tramite una chat di incontri Lgbt, sulla quale la banda agiva con falsi profili social.
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Tra febbraio e l’inizio di marzo il Gay Help Line (numero verde 800713713) contro l’omobistransfobia, attivo con il supporto di Unar – Ministero delle Pari Opportunità, Regione Lazio, Comune di Roma e Chiesa Valdese, aveva raccolto le segnalazioni di 8 ragazzi gay, che avevano raccontato di aver subito rapine, minacce e insulti durante gli incontri avvenuti a Roma e provincia. Alcuni episodi hanno avuto luogo ai Castelli: tra le vittime tre giovani, tra i 19 e 20 anni, abitanti ad Albano centro, nella frazione di Cecchina e a Marino.
I ragazzi avevano denunciato che, al primo approccio avvenuto sulla piattaforma virtuale, era seguito un incontro dal vivo, di sera, trasformatosi presto in un incubo. Le vittime venivano fatte salire a bordo di un’auto grigia e portate in luoghi appartati. Qui la gang entrava in azione, favorita dal buio. Dopo essersi in precedenza nascosti nel bagagliaio, mentre uno era alla guida, gli altri due saltavano fuori e bloccavano con botte e pugni i malcapitati di turno, li rapinavano, derubandoli del portafoglio e di qualsiasi altro oggetto in loro possesso come anelli o catenine. In un caso, non avendo il ragazzo nulla addosso, gli era stata portata via la sigaretta elettronica, mentre altre volte alcuni di loro erano stati costretti a prelevare danaro al bancomat e a consegnarlo. Spesso la banda umiliava la vittima con insulti omofobi.
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«Gay Help Line ha offerto subito supporto legale e psicologico alle persone coinvolte – racconta Alessandra Rossi, coordinatrice del numero verde – sostenendo tanto chi ha denunciato quanto chi non ha ancora trovato il coraggio di farlo».