Alberto Matano racconta in un’intervista al Corriere della Sera la sua storia con Riccardo Mannino nel giorno del loro matrimonio, ma anche la sua vita, l’adolescenza e le definizioni che davvero non gli piacciono. «Sono quindici anni che stiamo insieme.
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Durante una cena, un paio di mesi fa, Mara, la nostra amica del cuore che oggi celebrerà, ha detto che sarebbe stato bello che noi ci sposassimo. Riccardo ha subito detto di sì. Era euforico. Io anche ero contento. Poi, nel fine settimana, sono entrato in crisi. Ho pensato a tutto quello che ci circondava, alla dimensione esterna di qualcosa che ci riguardava così privatamente. La sera, a casa, abbiamo parlato, abbiamo discusso, ci siamo accapigliati, ci siamo abbracciati e abbiamo deciso che sì, era la cosa giusta da fare».
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Il giornalista parla dell’infanzia felice a Catanzaro, ma anche del momento dell’isolamento da ragazzino. «Attorno ai 14 anni mi sono accorto con dolore che non crescevo. I miei amici erano almeno venti centimetri più di me. E allora la mia stanza si chiuse a chiave, come un riparo dal mondo». In quella stanza libri, poesie, canzoni: da Sting a Bowie, da Orwell a Byron. Il bullismo è arrivato. «Ho combattuto, non mi sono piegato. Mi sono detto che ce la dovevo fare. Ho trovato la forza e tutto quello che di buono mi sta accadendo è figlio di quella volontà di non subire. In terza liceo, dopo un’estate, sono cresciuto e sono diventato come sono ora».
Alberto Matano: “Per i figli forse è tardi”
A quel ragazzino solo cosa direbbe? «Lo abbraccerei e lo ringrazierei. La sua sofferenza e la sua forza sono state la condizione essenziale della mia gioia di oggi».
Aveva successo con le ragazze, ma a 24 anni ha interrotto una storia e ne sono seguiti 10 anni di irrequietezza. «Cercavo un’appartenenza, anche esasperata. Pensavo che questo mi desse sicurezza. Qualcuno ci riesce. A me invece un’identità chiusa stava stretta. Una mia amica psicoterapeuta un giorno mi ha parlato del continuum psicosessuale come di un punto dove ciascuno di noi si può trovare, che non è mai uguale a quello di un altro. Poi è arrivato Riccardo e tutto, nella mia vita, si è stabilizzato. La mia stabilità è stata una persona, non un’identità».
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Nessun recinto, nessun incasellamento: sessuale, ma anche politico e lavorativo. Non semplice spiegarsi in famiglia, nonostante il sostegno dei fratelli. Si è raccontato una sera, spegnendo la tv. «La svolta della mia vita emotiva interiore è stata proprio quando ho raccontato a loro come stavano le cose. Per loro non è stato semplice, nelle prime ore, accettare tutto questo, lo capisco. Poi da quel momento sono stati sempre al mio fianco, sempre accoglienti, solidali. Ora Riccardo viene vissuto come il quarto figlio. Oggi due cose mi fanno davvero felice: lo sguardo di Riccardo e la partecipazione serena dei miei genitori a questo momento».
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La partecipazione dei suoi genitori è anche quella di tanti italiani che hanno mostrato il loro sostegno e la loro vicinanza all’annuncio dell’unione. «Siamo travolti dall’affetto di persone che capiscono che siamo due anime che si sono cercate e trovate. Due persone che si amano. Tutto qui. Ed è bello. Ti racconto questo. L’altro ieri sera mia madre ha ricevuto una telefonata da una sua vecchia amica, militante sindacale come lei, che le ha detto: “Sono molto colpita perché tuo figlio, con questo gesto, sta continuando le nostre battaglie”. La sua commozione e la mia mi hanno detto che tutto quello che ho fatto nella mia vita, anche questa scelta, è frutto del clima respirato dentro quella famiglia, del rifugio sicuro che ho avuto, dell’esempio avuto a da loro che sono due persone perbene, semplici, sane, aperte e anche coraggiose».
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