Qualche anno fa, nel 2012, alla Mostra del Cinema di Venezia fu presentato il primo film di Haifaa al-Mansour.
Una storia ambientata in Arabia Saudita con protagonista una bambina esuberante e indipendente, con il sogno di comprare una bicicletta verde per poter pedalare verso la libertà. Cosa c’entra questo con Le favolose di Roberta Torre? Ben poco ma… Nel nuovo racconto cinematografico della regista di Tano da morire, presentato alle Notti Veneziane, in occasione delle Giornate degli Autori 19, c’è un oggetto verde, non una bicicletta questa volta ma un vestito.
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Un oggetto che anche qui è metafora di libertà. Come può un vestito permettere la libertà? Non si dice che ‘l’abito non fa il monaco’? In breve e in modo chiaro: le favolose sono 5 trans che si riuniscono nella casa in cui sono state amiche, e tanto, vent’anni dopo la scomparsa di Antonia, una di loro. Una lettera, apparsa dopo tutto questo tempo, contenente nero su bianco i desideri di Antonia, è il motivo di questo incontro. Il suo desiderio primario, di cui si legge, è l’essere seppellita con il suo vestito verde “lo conoscete, me l’avete regalato voi”. Purtroppo però il suo destino è stato un altro. Antonia è stata messa nella bara con abiti da uomo e sepolta con il suo nome di battesimo, Giampaolo, nell’indifferenza più totale del suo essere, “la sua famiglia non ha mai accettato la sua natura”. Il film è in sala dal 5 al 7 settembre con Europictures.
LE FAVOLOSE: UNA STORIA-SPETTACOLO, UN FILM MANIFESTO
Le favolose è un piccolo film ma ha una grande storia da condividere. Una storia che appartiene a molte persone e che cerca libertà e rispetto. È un film manifesto. Manifesto di qualcosa di così attuale e forte da necessitare di un vero dibattito. Le favolose parla di identità, o meglio del disconoscimento della propria identità. Forse non molti ci pensano ma quando muore un trans la sua memoria viene calpestata e sconvolta. “Le famiglie si vergognano e così funerale, cerimonia e tumulazione avvengono in gran segreto tra pochi intimi, frettolosamente manomesse nell’estetica, e Gianna diventa Gianni, Luciana Luciano, Francisca Francisco. In questo modo nessuno potrà più riconoscerle”. E non finisce qui: “sulle lapidi viene stampato il loro nome da uomo, in un’identità che mai più sarà quella da loro scelta durante la loro la vita terrena”. Queste sono le parole dure, secche, perfette con cui è stato scelto di comunicare il film, prodotto dall’acutissima Donatella Palermo (da sempre sostenitrice di storie importanti come quelle raccontate da Roberta Torre, ma anche da Valentina Pedicini, Gianfranco Rosi e i fratelli Taviani). E questo è quello che avviene alla protagonista de Le favolose.
Le favolose ruota attorno a una giornata, quella del ritrovo della ‘Memorabile Famiglia Reale’, il gruppo di elette, nella sconfinata costellazione trans, chiamate ad incontrarsi nell’appartamento in cui molti anni prima hanno vissuto in allegria e armonia. “Era stata la nostra casa, fatta di risate e gioie, di dolori e delusioni”. Il vero scopo di questa riunione, al principio tenuto nascosto, è quello di organizzare una seduta spiritica per permettere ad Antonia di ritornare temporaneamente sulla Terra per avere una degna sepoltura, come da lei indicata e indossando il suo abito verde. Qui il film, dopo ricordi nitidi e vivaci, si trasforma in una festa. Una festa dal dolce e delicato sapore di rivincita. È qui che una delle favolose rivela allo spettatore: “Vi dico un segreto. La verità è che noi tra delirio e dramma abbiamo sempre scelto lo spettacolo”.