Dopo anni di approfondimenti e dibattimenti, anche il Centro italiano aiuti all’infanzia – meglio noto come CIAI – si è esposto a favore della possibilità di permettere anche a single e coppie omosessuali di diventare genitori adottivi.
La storica associazione che dal 1968 si occupa di adozioni internazionali (ma non solo) ha infatti diramato un comunicato che annuncia la chiara presa di posizione adottata in seguito ad un lungo e non poco travagliato percorso di discussione e approfondimento.
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«A partire dal 2012 ha iniziato un percorso di riflessione e di studio del contesto nazionale e internazionale delle adozioni rispetto alle nuove forme di genitorialità che in altri Paesi, ma anche in Italia, stavano diffondendosi – si legge nel documento – L’approfondimento ha riguardato gli aspetti normativi e quelli di carattere psicologico».
Insomma, non proprio una decisione compiuta a cuor leggero, ma il risultato di attente ponderazioni basate sulle più recenti evidenze scientifiche e l’esperienza dei tanti operatori dei servizi che in questi anni si sono occupati di adozioni.
Entrambi i fattori hanno infatti evidenziato come i principali problemi riscontrabili nello sviluppo dei bambini non dipendano dall’orientamento sessuale dei genitori, ma dalla dalla presenza di una salda e positiva relazione genitori-figli.
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Da qui, la svolta: «Per quanto riguarda la possibilità di adozione da parte di coppie omosessuali non abbiamo alcun pregiudizio in merito, se non l’essere sicuri che ciò debba avvenire solo nell’esclusivo interesse dei bambini – scrive il CIAI – Perché questo avvenga riteniamo che sia prima indispensabile che la società sia disponibile a considerare le coppie omosessuali come coppie a tutti gli effetti, a livello legislativo e culturale».
Quando ciò avverrà, il CIAI sarà dunque propenso a considerare con favore possibilità che «le famiglie con genitori gay o lesbiche possano essere una buona risposta per i bambini in stato di abbandono».
Dopotutto, come sottolineato dalla stessa associazione, dal 2014 anche l’Associazione Italiana di Psicologia ha smentito l’assunto – spesso sbandierato da slogan propagandistici – secondo il quale i bambini avrebbero bisogno di un padre e una mano per crescere sani e sereni.
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«Le più significative ricerche nazionali e internazionali hanno messo in evidenza che non sono né il genere né il numero di genitori a garantire il benessere del bambino. In particolare, il baricentro del benessere del bambino è la qualità del contesto familiare, la capacità del genitore di assumere il suo ruolo e le conseguenti funzioni educative che ne derivano. Non è così significativo essere sposati, separati, single o dello stesso sesso. Il fattore significativo che garantisce il benessere del bambino è la qualità della relazione familiare».