“La prevenzione si fa attraverso la sessualità responsabile, io non corro rischi di contrarre la malattia perché conosco la persona con cui faccio l’amore, quella persona ha lo stesso tipo di rispetto nei miei confronti. Se viene mio figlio di 18 anni a chiedermi di fare il giro delle prostitute, io non è che gli do il preservativo, gli do uno schiaffo e gli spiego che deve imparare a rispettare le donne. Anche per i rapporti occasionali è lo stesso, chi è più continente non corre rischi. Dire: vai con chi ti pare ma usa il preservativo è una risposta al problema che a me sembra debole”. Così Mario Adinolfi, leader del movimento Popolo della Famiglia, in un’intervista a Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano di Roma.
Adinolfi si è espresso anche sul tema Aids, nello specifico ha voluto dire la sua anche sulla comunicazione della malattia. “Si è riusciti a battere un’idea di discriminazione che allora c’era, anche perché la comunicazione era tale, vi ricordate lo spot istituzionale con il malato di Aids circondato da una luce viola? E’ anche vero che nei primi anni 80 quando scoppiò la prima epidemia di Aids non sapevamo cosa fosse quindi ci si è dovuti confrontare con un mondo tutto nuovo”.
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Ricordando il ruolo nella lotta alla stigmatizzazione dell’Aids ricoperto da Fernando Aiuti, l’immunologo recentemente scomparso, Adinolfi ha detto: “Il primo ad avere la forza di dare un messaggio non discriminatorio nei confronti dei malati che erano trattati come gli appestati del ‘60, anche se la discriminazione non era verso le persone era una preoccupazione dovuta al fatto che non si sapeva cosa stava accadendo”.