Achille Lauro spiega in una lettera il suo progetto musicale e artistico. Sul palco di Sanremo ha portato non solo una canzone, ma quattro minuti di spettacolo a tutto tondo.
«La condizione essenziale per essere umani è essere liberi». È l’ultima lettera di Achille Lauro che arriva in chiusura di Sanremo 2020, un festival di cui il cantante è stato protagonista in un modo per molti inatteso. Lo sa anche lui e per questo ringrazia.
«Miei cari, vorrei ringraziarvi per l’attenzione e la cura che ci avete dedicato a questo nostro folle progetto Sanremese. Non trovo miglior modo oggi per farlo se non affidando al mio racconto personale quello che avete ascoltato e quello a cui avete assistito.
Continuerò sempre a rendervi partecipi della mia creatività e del mio percorso perché voi ne fate parte».
«Ho sempre contaminato un genere con l’altro, cercando di inventare musica non catalogabile ed impossibile da etichettare. Un anno fa ho iniziato ad immaginare la mia musica in modo diverso: volevo creare una performance artistica che suscitasse emozioni forti, intense e contrastanti, qualcosa che in pochi minuti fosse in una continua evoluzione visiva ed emotiva. Una pièce teatrale lunga 4 minuti».
«Me ne frego è un inno alla libertà sul palco più istituzionale d’Italia. La mia speranza è che potesse scuotere gli animi degli insicuri e le certezze di chi è fermo sulle sue certezze, perché è sempre fuori dalla propria “zona di comfort” il posto in cui accadono i miracoli. Me ne frego è un inno alla liberta di essere ciò che ci si sente di essere. Me ne frego, vado avanti, vivo, faccio: questo è il messaggio che ho voluto dare con la canzone, è questo è il vero senso della scelta dei personaggi che io, il mio coodirettore creativo Nicoló Cerioni e il mio manager e responsabile progetto Angelo Calculli abbiamo pensato di portare sul palco dell’Ariston. Menefreghisti positivi, uomini e donne liberi da qualsiasi logica di potere».