“Ima izac’!”, urlano i ragazzi e le ragazze di Sarajevo. Significa “voglio uscire” e nel gergo locale la frase si usa per chiedere all’autista del bus di farti scendere alla fermata. Oggi, stampata su un grande striscione colorato, questa espressione è sinonimo di libertà.
Più di duemila persone marciano fra le strade del centro, tra i palazzi che portano le cicatrici dei colpi dei cecchini, sotto il murale “remembering Srebrenica” che ricorda il massacro del 1995. E ancora, fischietti e tamburi lungo la Maršala Tita che conduce tra le vie dello shopping, coi turisti che fotografano dall’alto, e che porta al punto d’approdo: il Parlamento. Per la prima volta nella sua tormentata storia, la Bosnia scende in piazza per un Gay Pride. Contro violenze e discrimazioni.