Giuseppe Bucci, regista Rai e di molti corti e spettacoli sulle tematiche sociali e lgbt+, è protagonista – mercoledì 21 agosto, dalle ore 21, al Giacinto Festival-Nature Lgbt+ – con Voci umane, retrospettiva di suoi cortometraggi cinematografici “Una notte ancora”, “La voce di Laura” e “Luigi e Vincenzo”. Un’occasione per saperne di più sul suo lavoro e il suo impegno a favore dei diritti.
Giuseppe, il titolo della X edizione del Giacinto Festival è “Lotta e Testimonianza”, come si traduce questo tema nel tuo lavoro di regista?
Da quando ho cominciato a girare cortometraggi, oltre dieci anni fa, e poi dirigere spettacoli, oltre all’amore enorme che ho per queste forme d’arte il mio obiettivo è sempre stato “lotta e testimonianza” (e non necessariamente, questo, per un artista, è un vantaggio) ho una storia personale non facile nell’accettazione della mia omosessualità e ho sempre pensato che le cose andavano cambiate con più velocità e urgenza possibile perché omofobia, discriminazione e ignoranza sono davvero ormai inaccettabili e danneggiano un sacco di vite, sopratutto di giovani e giovanissimi.
I tuoi cortometraggi toccano corde fondamentali per la comunità LGBTQ+. Come scegli i temi e i tuoi soggetti?
“Che domanda interessante. Nel cinema sono essenzialmente alcuni miei stati d’animo particolarmente intensi a dettare legge. Parto da sentimenti personali che mi hanno profondamente segnato come il rimpianto, la gioventù non vissuta (intendo con la accettazione di essere omosessuale, quindi per me sprecata ) l’abbandono in amore, il rancore verso chi ti ha privato della tua identità (come un genitore che non ti ha mai accolto… ) e che conosco quindi a fondo… e costruisco attorno a loro delle storie che li esprimano al meglio. Sono infatti lavori molto autobiografici nei sentimenti ma mai cose accadute davvero a me così come raccontate”.
Queste accade anche per sentimenti più leggeri comunque (ride) ho fatto lavori anche molto divertenti e ironici.
“In teatro è un po’ diverso. Leggo dei testi e quando mi stupiscono per la loro bellezza e allo stesso tempo rispecchiano quei sentimenti allora cerco in tutti i modi di portarli in scena . È stato così per “In casa con Claude” di Dubois e sopratutto “Tom à là ferme” di Michel Marc Bouchard (di certo conoscete il fantastico film di Xavier Dolan). Bouchard e stato così convinto dai miei corti infatti da avermi concesso i diritti e sono stato il primo in assoluto in Italia a portarlo in scena a Roma e Napoli”.
Qual è il messaggio sociale e politico di ciascuno dei corti che presenti al Giacinto festival?
“Una notte ancora” con Ivan Bacchi (“La finestra di fronte” di Ozpetek) racconta la fine di una storia d’amore tra un uomo e un ragazzo molto giovane . In quel caso mi sono focalizzato su una falsata maturità affettiva e sessuale di chi ha cominciato a vivere ed accertarsi solo in età adulta a causa, appunto, di una società (e tante realtà familiari) ancora oggi molto omofoba e maschilista. Questo porta inevitabile a fare degli errori o vivere di rimpianti. “Luigi è Vincenzo” con Francesco Paolantoni e Patrizio Rispo era un palese urlo di rabbia contro un Italia che ancora (nel 2014) non aveva nemmeno approvato le unioni civili e che vedeva comunque consumare e finire (per orribili malattie) storie d’amore decennali tra uomini ormai ultra cinquantenni senza alcun diritto, riconoscimento o dignità. Il corto, usato anche come spot per il pride di Napoli e proiettato in tutto il mondo, fece molto rumore mi piace pensare di avere davvero contribuito un po’ anche io alla spinta e alla lotta che ci portò almeno a quella conquista. “La voce di Laura” con Rosaria De Cicco (“Le fate ignoranti” di Ozpetek) è una mia rielaborazione di “voce umana” di Cocteau in chiave lesbo. In quel caso l’obiettivo era condannare un paese che ancora non concede alle coppie omosessuali nessun tipo di strumento per avere e crescere un figlio. Una cosa assurda! Nel corto la protagonista viene lasciata perché l’altra donna preferisce avere un figlio “naturale” col marito piuttosto che avventurarsi nella guerra che devono affrontare le coppie gay in Italia per avere legalmente un figlio.