Madonna sarebbe stata a un passo dalla morte: a salvarla, un’iniezione di Narcan.
Il farmaco sarebbe stato somministrato alla cantante dal personale medico intervenuto nella sua casa dell’Upper East Side, a Manhattan, il 24 giugno scorso quando la regina del pop era stata ritrovata priva di sensi. Ma potrebbero anche essere stati gli agenti di polizia, i primi a prestare soccorso, che hanno in dotazione il medicinale d’emergenza. Ma di quale composto stiamo parlando e in quali casi si utilizza?
Il Narcan, il cui principio attivo è il naloxone (o naloxone cloridrato), si somministra ai pazienti in overdose che mostrando anche una grave crisi respiratoria. Ma può essere usato anche per contrastare rapidamente gli effetti di uno shock settico, la pià grave complicanza della sepsi che può portare anche al decesso, insorto in seguito a un’infezione batterica seria e non trattata tempestivamente.
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In effetti potrebbe essere quest’ultimo il caso di Madonna, dal momento che, come riportano i figli e il suo team di lavoro, la cantante aveva avuto una febbre molto alta per diversi giorni, ma aveva trascurato la propria salute per dare priorità alla preparazione del “Celebration Tour”. Dopo l’intervento dei soccorsi, era stata ricoverata d’urgenza in terapia intensiva a causa, appunto, di una grave infezione batterica. Se non curata in modo corretto, l’infezione potrebbe aver portato a una sepsi e, in un’ultima istanza, a uno shock settico. Da qui l’utilizzo del Narcan per, letteralmente, riportarla in vita.
Il naloxone può infatti essere impiegato in situazioni di emergenza per trattare intossicazioni acute da analgesici, cioè antidolorifici che la cantante potrebbe anche aver assunto per lenire eventuali sintomi dell’infezione, e narcotici, farmaci sedativi usati anche in fase di anestesia ma che, se presi senza controllo medico, possono anche dare dipendenza. L’iniezione di Narcan di solito viene fatta dal personale sanitario o da un agente delle forze dell’ordine autorizzato di fronte a una persona che manifesta depressione respiratoria, stato comatoso sia vigile che profondo, pupille piccole. La soluzione è in grado di agire in soli due minuti.
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Non è certo un medicinale da prendere alla leggera, considerando che funge da antagonista di diverse sostanze stupefacenti. Dovrebbe quindi essere somministrato con cautela, soprattutto in persone che hanno sviluppato una dipendenza da oppiacei, che presentano disturbi cardiaci o in donne in gravidanza. Bisogna poi prestare attenzione agli effetti collaterali che possono insorgere, come agitazione, senso di svenimento, battito accelerato, tosse con espettorato schiumoso e dolori al petto. Altre reazioni avverse riportate sono poi: mal di testa intenso, disturbi alla vista, stati di ansia e confusione, fiato corto. Se, in ultimo, il paziente ha problemi di tossicodipendenza, il principio attivo somministrato potrebbe anche provocare una crisi d’astinenza.
Per tutti questi motivi, bisogna ricordare che il naloxone è un farmaco utile durante la fase emergenziale, ma una volta che il paziente non è più in immediato pericolo di morte, deve essere portato subito in ospedale per proseguire con terapie più mirate. Deve infatti essere curata l’eventuale infezione batterica, come appunto è accaduto a Madonna, oppure le altre possibili complicanze di un’intossicazione da farmaci o sostanze stupefacenti.