Ambra Angiolini è tornata a parlare della bulimia.
In una lunga intervista a Sette, in cui ha ripercorso la sua carriera, ha raccontato di aver sofferto per tanti anni del disturbo alimentare, praticamente dall’adolescenza fino all’età di 27 anni, quando è nata la prima figlia Jolanda. “È come avere un tumore all’anima”, ha spiegato l’attrice e cantante.
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Nel libro “InFame” Ambra Angiolini aveva racconta i suoi problemi di bulimia e nell’intervista ha detto: “La bulimia ha reso il mio corpo colpevole di essere diventato diverso rispetto a quello con cui ero diventata famosa. Un giorno in aeroporto vedo una rivista con la mia faccia. Titolo: ‘Ambra scoppia di successo’, e ‘scoppia”’era tra virgolette. Poi vado in autogrill e la signora delle pulizie mi dice: ‘Ma va, mica sei grassa’. Ho capito che gli effetti di questa situazione erano sotto gli occhi di tutti”.
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“Non c’è una cura immediata, uguale per tutti: è un processo personale che va attraversato fino in fondo. Se ti anestetizzi, la malattia diventa te e non te la levi più di dosso”, ha spiegato Ambra, ricordando che la sua famiglia non l’ha mai lasciata sola: “Mia madre mi lasciava bigliettini ad altezza vomito. O delle canzoni. Lì per lì mi facevano sentire in colpa poi è stato importante sentire che non c’era giudizio, che per lei io non ero la mia malattia. Ho cominciato a pensare che la bulimia fosse qualcosa da cui potevo allontanarmi”.
Ambra ha raccontato che la sua guarigione è passata anche dalla nascita di sua figlia: “Jolanda ha riempito un vuoto. Quando me la sono trovata dentro la pancia ho sentito che quel pezzo d’amore che cercavo ovunque in realtà era dentro di me. Questa però è solo la mia storia: non è che fare figli salvi dai disturbi alimentari”.
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L’ex teen idol di “Non è la Rai” ha rivelato: “L’adolescente di T’appartengo è sempre qui, con tutte le cose giuste o sbagliate che sente”. Mentre la fine della relazione con Renga ha segnato il suo percorso artistico che l’ha portata a fare l’attrice, mostrandosi per quello che è: “Durante la separazione da Francesco, un lutto vero, fu soprattutto Michele Placido a offrirmi la chiave: nel suo film Sette minuti ho potuto far vivere la mia rabbia”.