Il caso della morte di Cloe Bianco è stato archiviato. Secondo la Procura, nessuno ha la responsabilità di avere istigato al suicidio la professoressa transgender originaria di Marcon, provincia di Venezia, che a giugno, a 58 anni, è morta carbonizzata nel suo camper, che utilizzava come abitazione.
Dopo il rogo del mezzo, la Procura di Belluno aveva aperto un fascicolo contro ignoti e senza ipotesi di reato. Era stata esclusa immediatamente la pista dell’omicidio: le verifiche svolte dai vigili del fuoco e le indagini coordinate dalla magistratura bellunese non hanno individuato alcuna circostanza che lasci presumere profili di responsabilità da parte di altre persone. Ma non sono emersi neppure elementi a sostegno della tesi che il suicidio di Cloe Bianco sia stato provocato da pressioni esterne. La Procura di Belluno ha stabilito che nessuno può essere incolpato per la morte della professoressa, che avrebbe deciso da sola di porre fine alla sua vita.
Ma quella di Cloe Bianco era stata una morte annunciata. Sul suo blog, la docente aveva scritto: «Subito dopo la pubblicazione di questo comunicato, porrò in essere la mia autochiria, ancor più definibile come la mia libera morte. In quest’ultimo giorno ho festeggiato con un pasto sfizioso e ottimi nettari di Bacco, gustando per l’ultima volta vini e cibi che mi piacciono. Questa semplice festa della fine della mia vita è stata accompagnata dall’ascolto di buona musica nella mia piccola casa con le ruote, dove ora rimarrò. Ciò è il modo più aulico per vivere al meglio la mia vita e concluderla con lo stesso stile. Qui finisce tutto».
La storia di Cloe, la prof transgender che si è data fuoco: la scuola la sospese dopo il coming out
Cloe Bianco era stata un’insegnante di Fisica all’istituto agrario Mattei di San Donà di Piave, in provincia di Venezia. Nel 2015, era entrata in classe indossando (come sognava da quando aveva 5 anni) abiti femminili e aveva chiesto agli studenti di essere chiamata, da quel giorno, Cloe. La professoressa era stata sospesa per tre giorni, e aveva fatto ricorso al tribunale del Lavoro di Venezia. I giudici, però, non le avevano dato ragione, ma solo perché la sua transizione, definita una «legittima scelta identitaria», di fronte agli studenti, era stata troppo improvvisa. «Se tempi e modi di tale scelta fossero stati attuati diversamente», era scritto nella sentenza, «questa sarebbe stata responsabile, corretta e consona alla funzione di docente».
Negli ultimi tempi, poi, Cloe Bianco era stata allontanata dall’insegnamento, e svolgeva lavori di segreteria. Aveva scritto il libro «PERsone TRANSgenere. Manifesto e Progetto della dignità e dei diritti delle persone transgenere in Italia» e aveva un blog.
La sua sofferenza era lacerante. «Io sono brutta, decisamente brutta, sono una donna transgenere», scriveva. «Non faccio neppure pietà, neppure questo».