«L’ordinanza del Tribunale civile di Roma sulla qualifica di genitore nella carta di identità elettronica risale al 9 settembre 2022 e non è stata impugnata dal Ministero dell’Interno.
La decisione sarà esaminata dal Governo con particolare attenzione perché presenta evidenti problemi di esecuzione e mette a rischio il sistema di identificazione personale». Lo affermano fonti di palazzo Chigi in merito alla decisione dei giudici che hanno accolto il ricorso presentato da due mamme, rappresentate da Rete Lenford e Famiglie Arcobaleno.
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Il tribunale di Roma ha infatti stabilito che sulla carta d’identità della bimba bisogna scrivere “genitori” (e non “padre e madre”), dicitura che rappresenta correttamente tutte le famiglie, anche quelle composte da coppie omogenitoriali. Dichiarando quindi illegittimo il “Decreto Salvini” del 31 gennaio 2019, con il quale l’allora Ministro dell’interno aveva modificato la dicitura da imprimere sulle carte di identità elettroniche rilasciate a persone minorenni: non più “Genitori” nei campi contenenti i nominativi delle persone che esercitano la responsabilità genitoriale, ma “Padre e madre”, anche nei casi di famiglie composte da due mamme o da due papà.
“L’adozione del decreto – scrivono i legali che hanno seguito il caso – peraltro in aperto contrasto con i pareri resi dal Garante per la protezione dei dati personali e dalla Conferenza Stato-città, ha così volutamente attuato una grave discriminazione delle famiglie arcobaleno: migliaia di mamme e di papà, già legalmente tali in forza di legge o di intervenute sentenze di adozione, sono state costrette (e lo sono ancora oggi) a vedere il proprio nominativo femminile indicato sotto la dicitura “Padre” e, viceversa, il proprio nominativo maschile indicato sotto la dicitura “Madre”. Rete Lenford e Famiglie Arcobaleno, pertanto, hanno impugnato il decreto dinanzi al Tar Lazio, domandandone l’annullamento per una pluralità di ragioni, ampiamente studiate e approfondite nel gruppo di lavoro”.
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Il Tar nel 2020 ha negato la propria giurisdizione, “rilevando però la serietà dei profili giuridici indicati dalle associazioni ricorrenti e affidando a ciascuna coppia di mamme o di papà l’onere di domandare, volta per volta, al Tribunale territorialmente competente la disapplicazione del decreto, per ogni specifica vicenda giudiziaria, e la condanna del Ministero dell’interno a rilasciare una carte d’identità rispettosa della specifica composizione familiare”. Così nel 2021 una coppia di mamme, assistita dagli avvocati Vincenzo Miri e Federica Tempori, ha presentato ricorso dinanzi al Tribunale di Roma. La causa, che ha visto la trattazione di molte e complesse questioni processuali, si è conclusa positivamente per la coppia.
Nell’ordinanza resa dal giudice Francesco Crisafulli, si legge: «Discutendosi, nella fattispecie, del rilascio della Carte d’Identità Elettronica valida per l’espatrio, la falsa rappresentazione del ruolo parentale di una delle due genitrici, in evidente contrasto con la sua identità sessuale e di genere, comporta conseguenze (almeno potenziali) rilevanti sia sul piano del rispetto dei diritti garantiti dalla Costituzione, sia sul piano della necessaria applicazione del diritto primario e derivato dell’Unione europea». Ora si attende un’altra pronuncia, sempre del Tribunale di Roma, relativa a un caso del tutto analogo di due mamme.
“La sentenza rappresenta un importante risultato, raggiunto dopo uno straordinario lavoro di squadra di professionisti e professioniste a cui esprimo la mia gratitudine. Purtroppo, il Governo non ha ancora annullato il decreto e, così, continua ancora oggi a offendere la dignità e l’identità di tante famiglie, che volta per volta dovrebbero chiedere a un Tribunale di disapplicare il ‘Decreto Salvini’ per vedersi riconosciuti i propri diritti fondamentali. Reputiamo questo profondamente ingiusto sia per i tempi e sia per i costi della giustizia”, spiega l’avvocato Miri, presidente di Rete Lenford. Mentre Alessia Crocini, presidente di Famiglie Arcobaleno, dichiara: “Questa sentenza ci dice che in Italia la persecuzione politica nei confronti delle Famiglie Arcobaleno è semplicemente vergognosa e profondamente ideologica. Da una parte c’è la realtà della vita: nel nostro paese vivono da almeno 30 anni migliaia di famiglie composte da due madri o da due padri, dall’altra c’è l’ideologia di una certa parte politica che vorrebbe cancellare l’esistenza e i diritti di queste famiglie e dei minorenni che in quelle famiglie nascono, crescono e vivono ogni giorno”.