Il 10 dicembre ricorre l’anniversario della dichiarazione universale firmata a Parigi nel 1948 che sancisce, come si legge nel primo articolo del testo, che ‘‘tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza’‘.
La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani è un documento che è stato tradotto in moltissime lingue al fine di essere letto da chiunque e che per la prima volta, parlava dei diritti delle persone in quanto tali. Niente distinzioni di sesso, razza, colore, religione o ceto sociale: vennero scritti, nero su bianco, quali sono i diritti che come umani possiamo e dobbiamo avere, al di dà di ogni possibile condizione socio-economico-culturale.
Venne fortemente voluto dagli Alleati, animati dall’indignazione di quanto accaduto durante la Seconda Guerra Mondiale. Sono 30 articoli che parlano di quelli che, a tutti noi, sembrano i normali diritti che dovremmo avere, che ci hanno sempre insegnato e proposto come normalità. Non a caso, la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani si ispira ai più grandi documenti in ambito di diritti: il britannico Bill of Rights (1689), la Dichiarazione di Indipendenza Statunitense del 1776 e, ovviamente, la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino nata durante la Rivoluzione Francese.
Leggendolo, oggi, sembra così ovvio quanto troviamo scritto:
Considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti umani fondamentali, nella dignità e nel valore della persona umana, nell’uguaglianza dei diritti dell’uomo e della donna, ed hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un miglior tenore di vita in una maggiore libertà.
Libertà, rispetto della persona e dei suoi diritti, rispetto della famiglia come nucleo della società e dei bambini nati all’interno o meno di un matrimonio, possibilità di esprimere la propria opinione, nessuna persecuzione per credo, orientamento sessuale, etnia o sesso. Si potrebbe quasi pensare che sia inutile leggere quel documento così vecchio: che bisogno abbiamo, oggi, di ricordarci di quella Dichiarazione?
Già gli antichi greci, come Platone o Aristotele, sostenevano avessimo dei diritti naturali, che esulano dal diritto positivo: il diritto alla vita è qualcosa che non dipende dallo stato in cui ti trovi. Tra Seicento e Settecento, soprattutto nel periodo illuministico, la questione del giusnaturalismo divenne cruciale: abbiamo dei diritti in quanto esseri umani, per natura. Senza distinzioni.
E invece, oggi, non sembra che tutti noi godano degli stessi diritti: ci sono bambini che muoiono di fame e altri che muoiono di obesità. Ci sono donne che vengono brutalmente picchiate dai mariti e uomini che vengono sfigurati dall’acido dalle ex fidanzate. Ci sono famiglie che vengono considerate di Serie B, come quelle omogenitoriali, esistono ancora tanti tipi di discriminazione ma c’è una cosa che accomuna tutti: è la SPERANZA. La speranza che un giorno tutto questo svanisca.