Fino al 10% di omosessuali, bisessuali e transgender (Lgbt) in Italia è ancora vittima di pratiche ‘correttive’, dall’elettroshock all’ipnosi e perfino l’esorcismo.
Il dato emerge da uno stima della Società italiana di andrologia (Sia), che accende i riflettori sul fenomeno. “Riteniamo imperativo tutelare il rispetto dell’identità di genere e crediamo essenziale aiutare ogni persona a vivere pienamente nel genere in cui si identifica: il genere non deve essere adeguato all’anatomia corporea, ma l’anatomia può e deve essere cambiata, se la persona lo desidera, per renderla concorde con il genere”, afferma Alessandro Palmieri, presidente Sia e professore di Urologia alla Università Federico II di Napoli, sottolineando che “a causa della pandemia negli ultimi due anni gli interventi di conversione di genere hanno subito una battuta d’arresto: a fronte di un migliaio di richieste, soltanto un centinaio di pazienti hanno potuto sottoporsi all’operazione”.
Elettroshock e terapie riparative per i gay: il racconto dell’inferno (VIDEO)
In Francia, un progetto di legge appena approvato dal Parlamento rende punibili con pene che arrivano fino a tre anni di reclusione e multe fino a 45.000 euro “tutte le pratiche, i comportamenti e le dichiarazioni ripetute volte a modificare o reprimere l’orientamento sessuale”. Queste ‘terapie’, scomparse dalle pratiche accettabili nel 1973 quando l’omosessualità è stata ufficialmente eliminata dal manuale diagnostico e terapeutico dei disturbi mentali, sono ancora praticate in 80 Paesi in tutto il mondo.
Docce fredde, preghiere ed elettroshock per curare i ragazzi gay
E nonostante il Parlamento europeo nel 2018 abbia chiesto ai Paesi membri di vietarle, oltre alla Francia solo Germania e Malta le hanno già messe al bando. evidenziano Capece e Rizzo – hanno dovuto ridurne il numero per dedicare i ristretti spazi operatori a patologie più urgenti. A causa di queste limitazioni gli andrologi italiani sono riusciti ad assicurare a solo una ventina di persone il percorso di transizione nel periodo della pandemia, a fronte però di almeno un migliaio di richieste: così oggi le liste d’attesa di tutti i principali centri di riferimento per questa chirurgia sono superiori ai 2 anni e si stanno allungando. Questo trend, se non invertito – avvertono – porterà alla migrazione dei pazienti verso altri Stati, con costi e rischi elevati: da un lato infatti le spese che i pazienti devono sostenere sono molto elevate e parzialmente rimborsate dal Ssn e solo in alcune regioni, dall’altro è difficile gestire eventuali complicanze postoperatorie di interventi così complessi dovendosi rivolgere a centri all’estero”.