Dopo l’opposizione della società alla legge “don’t say gay” è stato cancellato il distretto fiscale speciale in vigore da 50 anni. I democratici dicono: “Così 580 dollari di tasse in più per ogni cittadino dello stato”.
Una svolta conservatrice negli Stati Uniti, anche la Camera della Florida a maggioranza repubblicana, ha approvato poche ore dopo il Senato il disegno di legge che cancella il “distretto fiscale speciale” nel quale la Disney governava indipendentemente i suoi parchi divertimento da oltre 50 anni.
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Si tratta di una vittoria per il governatore del Grand Old Party, Ron DeSantis, promotore del provvedimento per punire l’opposizione di Disney alla sua legge che limita in classe la discussione su identità di genere ed orientamento sessuale. La firma l’ha messa DeSantis, d’ora in poi gli insegnanti e gli educatori esterni non potranno più parlare di temi o persone LGBTQ nelle scuole dello Stato. La legge, “Don’t Say Gay“, stabilisce in particolare che “un distretto scolastico non può incoraggiare la discussione sull’orientamento sessuale o l’identità di genere nelle classi elementari“.
Con questa legge promossa proprio dal governatore, nelle scuole pubbliche è vietato affrontare il tema dell’identità sessuale. Pressata dai dipendenti, che sono contrari al provvedimento, il board della Disney aveva preso posizione criticando apertamente la legge e congelando le donazioni alla campagna elettorale del governatore, che punta nel secondo mandato nelle elezioni del prossimo Novembre. Da qui nasce la campagna iniziata da DeSantis contro la società additata come: “la compagnia californiana che vuole governare il nostro Stato”.
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Alla Disney era stato dato da una legge statale risalente al 1967, uno “status speciale” chiamato il “Reedy Creek Improvement District”, che le permetteva di autogovernarsi riscuotendo le tasse e fornendo servizi di emergenza. La Disney controlla oltre 10 mila ettari di terreno nell’area di Orlando ed il distretto permetteva all’azienda di costruire nuove strutture e pagare le tasse per tali costruzioni, senza l’approvazione di una commissione di pianificazione locale.
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Parliamo di una specie di terra franca fiscale in virtù degli enormi investimenti e ritorni economici sul territorio derivanti dalle attività della Disney soprattutto con il mitico parco giochi situato in Florida.
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Conseguentemente, allo stesso tempo la misura potrebbe ricadere proprio su chi paga le tasse, ovvero i contribuenti dello stato. Infatti Disney, detiene “bond pubblici per circa un miliardo di dollari“, che dovranno essere ora coperti dall’amministrazione locale e quindi attraverso nuove tasse.
Perlopiù, la compagnia, in cambio dello “status speciale” finanziava servizi pubblici come ad esempio la gestione dei parcheggi, le emergenze, la manutenzione delle strade, pagando circa 164 milioni di dollari ogni anno. Stiamo parlando di soldi che con la revoca non arriveranno più e dovranno essere coperti dai residenti. Proprio per questo, secondo molti commentatori sicuramente ci saranno una serie di ricorsi e battaglie legali.
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Secondo i democratici l’impatto fiscale tra bond e servizi creerà extra tasse di “580 dollari per ognuno dei 1,7 milioni di residenti che vivono nelle due contee di Disney World, Orange e Osceola”.
La vice portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre afferma che: “Il governatore della Florida non avrebbe dovuto punire la Disney per la sua opposizione alla legge” e propone ,a proposito dell’approvazione da parte del Senato dello stato a guida repubblicana, di eliminare lo status di distretto fiscale speciale per la Disney.