Un uomo è stato licenziato da lavoro perché gay. È successo a Perugia, dove un dipendente pare abbia subito, per anni, vessazioni e discriminazioni da parte di colleghi e superiori. In sei persone, quattro uomini e due donne, lo avevano preso di mira per il suo orientamento sessuale.
Le discriminazioni e le disuguaglianze sul posto di lavoro non toccano solo le persone LGBT+. Secondo la stampa e alcuni siti statistici, più del 50% delle donne, a parità di mansione, percepisce circa il 10% di stipendio in meno rispetto ad un uomo. Inoltre, anche le persone con disabilità vengono spesso prese in giro in quanto tali.
Questi dati sono preoccupanti, soprattutto per un Paese come l’Italia che si dichiara sviluppato e civile. Civiltà, sviluppo e buon senso che più volte il Governo (tutto) ha dimostrato di non avere. Gli applausi a seguito dell’affossamento del DDL Omotransfobia lo hanno dimostrato. Servirebbe, infatti, che la politica agisse in modo concreto per fermare le discriminazioni anche sul luogo di lavoro.
Tornando a noi e all’argomento principale dell’articolo, leggiamo insieme cosa è successo e come è possibile che nel 2021 una persona venga licenziata da lavoro perché omosessuale.
LA STORIA:
A Perugia un uomo è stato licenziato da lavoro perché gay. Solo questa breve frase potrebbe bastare per farvi rabbrividire. Invece, purtroppo, c’è dell’altro. Come apprendiamo da ‘PerugiaToday‘, sei colleghi della vittima sono sotto processo per averlo discriminato, vessato e umiliato per anni.
Prima gli insulti come “froc*io” “ricc*ione” “finocc*io” e poi le prese in giro sul modo di camminare e di atteggiarsi della vittima in questione poiché, secondo loro, lo faceva da “effeminato”. Dopo tutte queste vessazioni, che gli hanno causato un grave e perdurante stato d’ansia, gli aguzzini pare abbiano anche pensato bene di aizzare gli altri colleghi a deriderlo e ad emarginarlo. Non contenti, inoltre, sembrerebbe che alcuni superiori lo abbiano trasferito in un’altra filiale e demansionato. Tutto questo pare sia stato fatto per isolarlo e per arrivare poi a licenziarlo.
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Se pensate sia tutto vi sbagliate. Secondo la fonte sopracitata, parrebbe esserci dell’altro. I sei colleghi imputati pare che lo abbiano diffamato. Nel dettaglio, sembrerebbe che abbiano messo in giro la voce, falsa, che l’uomo fornisse prestazione sessuali nei luoghi della prostituzione di Perugia.
COSA SUCCEDE ADESSO?
A far sorridere un po’ la vittima in questione, se vogliamo scrivere questo termine, ci ha pensato il giudice del lavoro. Esso, infatti, ha chiesto il reintegro immediato della vittima sul posto di lavoro. Inoltre, sembra che potrebbe chiedere anche un risarcimento danni per le vessazioni e le discriminazioni che ha dovuto subire per più di cinque anni.
Il condizionale è d’obbligo perché, purtroppo, anche i sei aguzzini sono stati reintegrati dopo essere stati allontanati. Il motivo? Pare non ci siano testimonianze e prove sufficienti per dimostrare tali comportamenti delinquenziali e di conseguenza i presupposti per licenziare i torturatori.
Nel nostro piccolo ci auguriamo che se qualcuno ha sbagliato paghi realmente. Ne approfittiamo anche per suonare la sveglia al Governo. È evidente che servono maggiori tutele anche sul luogo di lavoro per garantire a tutt* uguaglianza.