“Parlare di queste materie con bambini che hanno meno di 14 anni è un errore. Che le maestre facciano rappresaglie se i genitori non sono d’accordo, è un abominio!“, scrive Vittorio Sgarbi su Facebook in merito ad un articolo che riguarda le lezioni a scuola ai bambini sul mondo LGBTQ+.
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L’articolo che ha scaturito l’ira di Sgarbi è stato pubblicato da ilprimatonazionale.it e racconta di come una madre abbia protesta con la direzione della scuola primaria frequentata dal figlio perché le maestre impartiscono lezioni — non autorizzate dalle famiglie — di Lgbt e gender: per tutta risposta, a fine anno scolastico si vede i voti del bambino, «da sempre studioso con profitto», sensibilmente penalizzati. Benvenuti nella nuova «buona scuola» che apparecchia tavola al regime Zan, dove chi dissente subisce rappresaglie: a denunciare la vicenda in un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Istruzione Bianchi è il senatore dei Fratelli d’Italia Lucio Malan, così come riferito dal Secolo d’Italia.
Lezioni Lgbt a scuola: l’interrogazione parlamentare
I fatti, spiega Malan, si sono svolti «Nel corso dell’anno scolastico 2020/2021». Alla protagonista della vicenda, madre di un bimbo di 11 anni «frequentante la classe quinta della scuola primaria del convitto nazionale Umberto primo di Torino, così come a tutti gli altri genitori, nell’ambito del piano di offerta formativa», viene illustrata la proposta di un corso di educazione sessuale.I docenti mostrano alla donna il programma e il materiale didattico che verrà presentato durante detto corso. Dopo aver visionato gli allegati la madre decide di dare il proprio consenso. Il figlio, precisa Malan nell’interrogazione, «è un bambino sano, bene educato e ben seguito dalla madre nonché da sempre studioso con profitto». In particolare «in matematica, materia nella quale alla fine del 2020 si è classificato a livello nazionale nell’ambito di una nota competizione accreditata presso il ministero dell’Istruzione».
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Tutto sembra procedere per il meglio quando il 22 aprile la signora riceve dalla «maestra, M.L.C., nella chat su WhatsApp dei genitori della classe del figlio, le fotografie degli elaborati sotto forma di cartelloni realizzati dai ragazzi raffiguranti scritte di propaganda Lgbt». La madre si rivolge al bambino chiedendo chiarificazioni. Lui spiega «con evidente imbarazzo, che sono state le maestre a fare tutto quel ‘lavoro’e che in sostanza lui ha scritto parte di quei cartelloni sotto la loro totale indicazione e supervisione». La signora, pensando che «quei lavori fossero stati inseriti nel corso di educazione sessuale per il quale lei aveva rilasciato il consenso informato», è poi venuta a sapere che «i lavori di propaganda Lgbt sono stati eseguiti in altra circostanza». Senza che le maestre avvertissero nessuno.
La madre protesta
Così «il 27 aprile 2021» la signora scrive «un’e-mail all’insegnante M.L.C., presentando le proprie ferme rimostranze» per la mancanza di «informazione sulle attività citate, per le quali non le è stata chiesta alcuna autorizzazione». A differenza, invece, «di quanto avvenuto per il corso di educazione sessuale». La maestra si sarebbe giustificata rispondendo che le lezioni Lgbt sarebbero state affrontate «dietro una ‘forte richiesta da parte di alcuni alunni’della classe, ‘trattato in maniera soft, ponendo l’attenzione sul rispetto della diversità’ ex articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea». Dichiarazioni che divergono da quanto riferito dall’alunno. «Il figlio non avrebbe confermato che alcuni alunni avessero richiesto di trattare la tematica Lgbt». A questo punto la mamma chiede e ottiene «un colloquio con il rettore della scuola, professoressa G.G.», che si schiera dalla parte delle insegnanti.
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Infine, la sorpresina, o per meglio dire la rappresaglia Lgbt.Al momento del ritiro della pagella la madre trova «penalizzati tutti i suoi voti finali: il sospetto della madre è che la scuola si sia voluta rivalere sul figlio, ingiustamente penalizzandolo nella valutazione finale a causa delle sue rimostranze verso quelle lezioni trattante tematiche Lgbt».