La vita di Rocco Casalino diventerà un film.
Com’era capitato alla vita di Giulio Andreotti nel film di Paolo Sorrentino Il Divo. Il gruppo Mondadori e il diretto interessato hanno firmato un accordo per la cessione dei diritti dell’autobiografia Il Portavoce (edito da Piemme) alla casa di produzione cinematografica Kubla Khan di Umberto Massa. Il libro — scritto con il governo Conte ancora in sella, mandato in stampa quando l’esecutivo dell’Avvocato è entrato in crisi e arrivato nelle librerie tre giorni dopo il giuramento di Mario Draghi — è stato considerato da detrattori e amici come una specie di House of Cards in salsa nostrana, paragone agevolato anche dalla copertina che vede Casalino seduto nella stessa posa di Kevin Spacey nella serie tv americana che mise in scena la scalata di un deputato della Carolina del Sud dal Congresso alla Casa Bianca.
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L’infanzia di Casalino a Ceglie Messapica, la Germania in cui è stato figlio di immigrati, la Milano degli esordi giornalistici a Telelombardia, poi la casa del Grande Fratello a Roma e dopo di nuovo più su, fino al cuore pulsante del potere esecutivo: la stanza del portavoce del presidente del Consiglio, a Palazzo Chigi.
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«Non mi ha regalato niente nessuno. E se sono orgoglioso di dove sono arrivato… è perché non dimentico mai da dove sono partito», si legge nel libro, in una di quelle frasi che già si immaginano proiettate sul grande schermo, con l’attore pronto a scandirla inquadrato di spalle con la scrivania del potere davanti. E magari, in un unico piano sequenza, le grida da un balcone che annunciano — scena madre del governo Conte I — l’abolizione della povertà. Una di quelle cose che, nel libro Il Portavoce, Casalino ha giudicato «un mio errore di comunicazione».