Comunicato Articolo 26 – La regione Lazio ha diffuso in tutte le scuole regionali – dall’infanzia alle superiori – le linee guida “Strategie di intervento e promozione del benessere dei bambini e degli adolescenti con varianza di genere” .
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La criticità si evince fin dalla definizione di identità di genere come “sensazione di appartenere al genere maschile, femminile, entrambi o nessuno dei due” che “si sviluppa già intorno ai 3 anni di età” e dalla gravissima omissione dei rischi e delle problematiche legate a processi di “transizione di genere” tra i giovanissimi, di cui la comunità scientifica sta drammaticamente prendendo atto.
Per una supposta inclusione di allievi con “varianza di genere”, riteniamo che in questo modo si legittimi un approccio ideologico ai gender studies nella scuola pubblica. Il documento oltre a proporre soluzioni relazionali e organizzative invasive e dannose – dai bagni “neutri” all’abolizione dei pronomi maschili e femminili – impone di fatto a livello formativo e culturale “la teoria gender”, un approccio non pienamente condiviso, e contestato a anche a livello scientifico e sociale.
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Si pretende di dare per acquisito per tutti il superamento del concetto di “binarismo sessuale” che prevede l’esistenza di soli 2 generi per accogliere quello di “spettro di genere” con una forma di “inclusione” che esclude la maggioranza. Per includere non serve necessariamente la condivisione di certe idee sessuali, ma basta la reciproca accettazione tra individui senza dover conformare totalmente la cultura di una scuola e di una società.
Polemiche e dietrofront sulle linee guida «gender» diffuse dall’Ufficio scolastico regionale del Lazio, guidato da Rocco Pinneri, poi cancellate. Già il San Camillo, infatti, aveva ritirato il logo diffidando chi lo ha utilizzato (l’istituto Metafora, centro di ricerca e terapia della famiglia, del bambino e dell’adolescente), e anche i presidi sono rimasti stupiti di come il documento fosse stato fatto circolare nelle scuole da parte dell’Ufficio regionale che è emanazione del ministero dell’Istruzione sul territorio: eccesso di leggerezza, fanno notare, un pasticcio evitabile specie in un momento in cui il ddl Zan contro l’omotransfobia già suscita molti attriti.
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Il caso era stato sollevato da Articolo 26 e Generazione Famiglia, che contestavano i principi, le indicazioni e le conseguenti traduzioni pratiche, dai bagni «neutri» all’abolizione di pronomi maschili e femminili