Vittorio Feltri per “Libero quotidiano”
Direttamente dal suo giornale, Vittorio Feltri si è nuovamente espresso sulla tanto discussa legge contro l’omotransfobia portata in Parlamento da Alessandro Zan.
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Ecco cosa ha scritto il direttore di “Libero quotidiano” in merito:
Questa tediosa storia della legge Zan, che dovrebbe tutelare i gay più di quanto già non siano protetti dal codice penale, sta diventando una pagliacciata. Confesso di non aver letto il testo integrale della nuova norma, essendomi annoiato a morte già a metà. Ma il senso complessivo l’ ho percepito.
L’ intento dei compagni mi pare quello di punire severamente chi aggredisce gli omosessuali per il fatto che sono tali e quindi gli stanno sul gozzo, non si capisce perché. Si dà però il caso che già il codice penale non tollera la violenza contro nessuno, e la punisce severamente, a prescindere dalle preferenze sessuali di chi la subisce. E allora viene spontaneo chiedersi che bisogno ci sia di aggiungere un castigo speciale per chi abbia la cattiva idea di menare quelli che un tempo non era peccato definire froci o checche, fate voi.
Se la legge è uguali per tutti, come è scritto in qualsivoglia tribunale della Repubblica, è ingiusto creare un articolo speciale, e discriminatorio, per difendere un cittadino italiano che, invece di amare (si fa per dire) una donna ama un tizio del suo stesso genere. Scusate, ma io non afferro il concetto. Quando mi trovo davanti a una persona, talvolta mi capita di pesarne l’intelligenza e il garbo, non mi sono mai chiesto quali fossero le sue esigenze carnali.
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Qualsiasi esse siano giuro non me ne frega niente. Sono affari suoi. Ammetto: sono abbastanza indaffarato a tenere a bada ciò che accade sotto le mie lenzuola, figuriamoci se ho tempo e voglia di occuparmi di quello che succede nel letto altrui. Non è importante, per carità. Ogni individuo è un pianeta a sé stante e ha il diritto di comportarsi, sia pure secondo le regole della civile convivenza, come gli garba. Se un maschio frequenta altri maschi o una femmina altre femmine, la cosa mi lascia nella più totale indifferenza. E ci mancherebbe altro. Poi so che fra gli umani abbondano i cretini che davanti a un gay arricciano il naso e manifestano in vari modi insofferenza o peggio.
Ma è scontato che se il loro comportamento sconfina nella aggressività devono ovviamente essere repressi, in base alle disposizioni vigenti, più che sufficienti per tenere a freno gli abusi. Ciò detto vanno aggiunte alcune considerazioni. Nei rapporti sociali si registrano spesso fenomeni disdicevoli, ma non così gravi da richiedere l’intervento della magistratura.
Mi riferisco al dileggio, agli sfottò che rientrano nel costume nazionale. Preciso. Gli interisti prendono sanguinosamente in giro i milanisti e viceversa, gli juventini vengono chiamati addirittura gobbi, se un soggetto si veste in modo stravagante o particolarmente volgare viene additato al pubblico ludibrio. Tutto questo è tollerato sia pure a fatica. Ormai i soli che non possono essere scherniti sono proprio i gay, quand’anche il loro modo di porsi talvolta, spesso, sia fuori dagli schemi usuali.
Questo dimostra paradossalmente che gli omosessuali godano di un privilegio: chiunque può essere preso per il posteriore, anche il Papa o il presidente della Repubblica, tranne loro. Tanto è vero che perfino il vocabolario della lingua italiana è stato censurato in base alla intoccabilità dei gay, termine inglese dolce ma che ha lo stesso significato di pederasta, invertito eccetera.
Ciò sconfina nel ridicolo. Se siamo convinti che la parità fra generi sia fuori discussione, occorre anche sopportare che il dileggio, la celia, lo sberleffo siano forme non condannabili – a chiunque siano rivolte – di comunicazione, per quanto aspre. Quando ero un ragazzino delle elementari, ero talmente magro che i compagni mi chiamavano scheletro. Avrei dovuto denunciarli? Non mi è mai passato per la mente. Ora che sono vecchio, continuo a essere magro e me ne sbatto. Onore ai froci e anche a noi che non lo siamo. Si lascino perdere i tomi di giurisprudenza.
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