[In risposta a Giorgia Meloni e alle sue parole: “l’utero in affitto è una barbarie”]
Cara Giorgia, questi siamo noi insieme alla nostra mamma surrogata giusto qualche mese fa. Pensi un po’ la barbarie. Ci siamo fatti tredici ore di intercontinentale con due gemelli di un anno e mezzo, per trascorrere le vacanze di fine anno. La vedi bene? Non c’è traccia di povertà o sfruttamento. Non ci sono figli strappati al grembo materno, donne costrette da precarie condizioni economiche, uteri messi all’asta. La superficialità delle sue parole ci impone il dovere morale di rispristinare un po’ di verità sull’argomento, preferendo alcuni semplici dati di fatto, ai faziosi slogan propagandistici strillati in piazza. Negli Stati Uniti, le donne che scelgono la via della gestazione per altri, devono avere un reddito ben al di sopra della soglia di povertà e sono loro a decidere se e con chi intraprendere questo percorso che di barbarie, ha solo i continui assalti mediatici da cui siamo costretti a difenderci ogni giorno.
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Ciò che più mi preoccupa, oltre al futuro dei miei figli, è che tutte le tesi contrarie alle famiglie omogenitoriali sottintendono il più vecchio dei pregiudizi della natura umana: la paura del diverso. E non vorrei che la sua crociata contro la maternità surrogata fosse solo un goffo tentativo per celare l’annosa questione sulla totale accettazione dell’omosessualità in tutte le sue forme e configurazioni.
Nessuno vieta di esprimere il vostro disaccordo, a patto che siate intellettualmente onesti nel considerare quei casi in cui la gestazione per altri è un atto di volontà libero e consapevole.
Cara Giorgia a volte voi politici dimenticate che la verità non è un’opinione, che si può manomettere al fine di ottenere consensi. Tanto più quando la sua campagna ha come bersaglio i nostri figli. Ma soprattutto si ricordi che il suo diritto inalienabile di avere un figlio all’infuori dal matrimonio, non è diverso dal diritto di una donna di scegliere liberamente di entrare a far parte della nostra famiglia.
Restiamo liberi si, ma di dire le cose come stanno!