Su SPYit.it arriva una nuova “rubrica”, una pagina dedicata al mondo TRANSGENDER. Un appuntamento dove conosceremo, ogni volta, due persone che hanno trovato la felicità nella scoperta della propria identità. Grazie per la collaborazione fondamentale della pagina “I’m Gay. Any Problem?“.
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Ma prima spieghiamo correttamente cosa vuol dire la parola “transgender”:
“Transgender” è un termine-ombrello usato per tutte quelle persone che hanno un’identità o un’espressione di genere diversa sa quella con cui sono nati. Questo è solo un assaggio: cerchiamo di capirci qualcosa.
* L’identità di genere di qualcuno è la sua sensazione più profonda di essere maschio, femmina, entrambi, o nessuno dei due! Ha a che fare del come gli individui percepiscono loro stessi, e si forma grazie all’influenza di natura e cultura.
* L’espressione di genere di qualcuno è il modo in cui il soggetto mostra la propria identità di genere al resto del mondo. Riguarda il modo in cui ci vestiamo, come ci pettiniamo, come parliamo e come usiamo il linguaggio del corpo.
* Il sesso assegnato è l’etichetta che danno i dottori alla nascita. Pensate a quello che dicono sempre i dottori in TV: “Congratulazioni – è un bambino!” o “Avete avuto una femminuccia!”. Il sesso assegnato a ciascuno è determinato dai genitali esterni, che i dottori guardano prima di fare l’annuncio. Il problema è che essi sono solo una parte della persona – il dottore non guarda i cromosomi del piccolo, i livelli ormonali, o gli organi riproduttivi interni, e il bambino è troppo piccolo per sapere qualcosa dell’identità di genere che svilupperà negli anni. Mentre la persona cresce, è possibile che non tutti i pezzi si possano facilmente incasellare come “maschili” o “femminili”.
Sia il sesso che il genere si compongono di molti e differenti tasselli, e, per molte persone, questi si incastrano tutti. Se la persona di cui i dottori hanno detto “è un bambino!” continua ad identificarsi come tale, si veste e si comporta in una maniera che la nostra cultura definisce maschile, allora sarà cisgender. Cisgender significa che tutti i pezzi del sesso di nascita corrispondono all’identità di genere.
Ma quando i dottori dicono di un neonato: “E’ una bambina!” e, mentre cresce inizia ad esprimersi preferendo vestiti maschili, e dice ai propri genitori che dentro si sente un ragazzo – allora questa persona potrebbe essere transgender. Essere transgender significa che i pezzi della propria identità di genere e quelli del sesso alla nascita non collimano, e va’ tutto bene!
Ci sono molti modi di essere transgender. Ci sono persone il cui sesso biologico è femminile, ma che si identificano come maschi e persone il cui sesso biologico è maschile, ma che si identificano come femmine, ma ci sono anche persone con un determinato sesso biologico che non si sentono né l’uno né l’altro. Questi si identificano come agender, o nonbinari, or genderfluid – tutte parole che significano che la propria identità di genere è qualcosa di diverso e non è strettamente maschile o femminile.
Oggi conosciamo la storie di Beatrice (MtF):
<< Sono Beatrice, ho 25 anni e vivo in un paese in provincia di Bergamo. Fin da piccola amavo giocare con le bambole, truccarmi e stare con le bambine, un ricordo della mia infanzia che rimarrà per sempre con me è che alla domanda da parte dei bambini: “Ma sei un maschio o una femmina?” Io rispondevo sempre “una femmina” ma purtroppo avendo il grembiule azzurro i bambini non ci credevano e si allontanavano da me>>.
Ho vissuto un infanzia difficile, fatti di solitudine e pregiudizi. Ma con il passare degli anni ho preso in mano la mia vita e a 21 anni decisi di intraprendere il percorso ormonale e sottopormi alle operazioni per il cambio di sesso. Mi sono fatta il regalo più bello, cioè fare uscire la vera me, la donna che sono e che sono sempre stata dentro: Beatrice.
Ora, nonostante a volte l’ignoranza sia ancora presente in molte persone, posso dire di essere davvero felice, perché sono io e con l’amore e l’appoggio del mio ragazzo e della mia famiglia ho trovato la mia serenità. “Essere se stessi ha il bellissimo prezzo di non essere per tutti”.
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Conosciamo ora Gabriel (FtM):
La mia primissima volta nei panni di un ragazzo, è stato in Francia, nel 2005. Ho preso cappellino e indumenti (sempre tendenti al maschile) raccolto i lunghissimi capelli ricci dentro un cappellino e ho detto: “D’ora in poi, chiamatemi Marco” ( nome scelto a caso).
Da lì probabilmente è iniziato un percorso al contrario di confusione fino all’età di 18 anni. Ho ricordi vaghi della mia infanzia, ma ricordo molto bene che, intorno a me, c’era un grande punto interrogativo.
Avevo già capito che c’era qualcosa di diverso, mi approcciavo alle ragazze come un galantuomo, mi comportavo su tutto e con tutti da uomo.
Dal giorno che ho preso coscienza dei miei dubbi e perplessità, ho pensato fosse una questione di orientamento sessuale, non consocendo a pieno tutto quello che potevo fare.
Ma più vivevo un rapporto con una donna, più il mio approccio era da ragazzo e basta. E senza terapia, senza percorso psicologico mi è stato detto più volte che mi comportavo da ragazzo.
Da lì ho pensato: “e se fosse così?”. La paura aveva preso il sopravvento, la paura di non essere accettato, di essere considerato pazzo, di essere sbattuto fuori da casa. Ho infatti aspettato i miei 18 anni per iniziare tutto, senza che nessuno potesse fermarmi.
E una volta preso consapevolezza che fino a quel giorno, tutto il malessere, tutto quello che provavo, si racchiudeva in ‘disforia di genere‘ mi sono buttato a capofitto, perché non potevo, ancora per molto, essere chi non ero veramente.
Così, piano piano, ho iniziato a conoscere e amare moltissimi lati del mio essere che mi erano ancora nascosti. Non è facile nemmeno per noi capire da subito cosa succede, affrontiamo abitudini del tutto diverse, ci trattano per quello che siamo sulla carta (a documenti non ancora cambiati) senza guardare chi sentiamo veramente di essere.
A oggi, sono felice, ho l’intera famiglia che mi accetta per quello che sono e non smetterò mai di dire: “Non smettere mai di essere te stesso, chi sei veramente”. Oggi sono Gabriel, non ancora ufficialmente (Marco è un nome inventato la prima volta per gioco).
Non sono operato ma sono felice, perché ho inziato a essere me stesso da tre anni a questa parte, sono felicemente fidanzato e innamorato e CAVOLO SE STO BENE ADESSO!
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