Venezia, alla fine, sulle battaglie semantiche della politica, ha prevalso l’interesse dei più piccoli.
E così, l’ufficio Anagrafe del Comune di Venezia (la Municipalità è quella di Favaro Veneto) giovedì pomeriggio ha consegnato a una bambina di sei anni la sua carta d’identità, la prima senza i termini «padre» e «madre» da quand – ad aprile – sono stati re-introdotti con una direttiva ministeriale voluta dal vicepremier Matteo Salvini.
Al loro posto, sul documento compare: «Nomi dei genitori o chi ne fa le veci», seguito dalle generalità delle due mamme della bimba, com’era stato disposto nel 2015 dal governo Renzi. Il caso ruotava proprio intorno a questo: Anna (il nome è di fantasia) è la figlia di due lesbiche veneziane, nata nel 2012 grazie al seme di un donatore anonimo.
La sua madre biologica è una trentenne che ha una compagna con la quale si è unita civilmente e che due anni fa ha ottenuto di adottarla con una sentenza del tribunale di Venezia, che sottolineava come le due donne «costituiscano una coppia con un legame solido e duraturo e come entrambe vivano la relazione con la bambina come quella di un genitore con la propria figlia».