Non capita spesso che un vescovo parli di sé. Ancor meno che riveli pubblicamente particolari riservati e drammatici della sua famiglia d’origine.
Come il sofferto coming out di un fratello morto poco dopo aver esternato ai parenti più stretti la propria omosessualità.
Non può quindi che destare un certo clamore la confidenza dell’ausiliare emerito di Detroit, Thomas Gumbleton, classe 1930, che, anche in virtù di quanto accaduto dentro le mura di casa sua, ha cambiato prospettiva sulla pastorale nei confronti di gay e lesbiche.
Senza lesinare critiche al proprio ministero (e a quello più generale della Chiesa) proprio in tema di accoglienza degli omosessuali.
Un’esperienza particolare, che gli ha mostrato dall’interno cosa significa isolare un familiare, solo perché omosessuale. Essendo stato indottrinato dal seminario con l’idea che l’omosessualità sia una scelta della persona, e quindi peccato, non ha mai pensato e compreso il fatto che potrebbe essere parte integrante dell’identità di una persona.
Per anni, quindi, ha continuato a vederlo come un peccato. Non sapendo di conseguenza dare consigli utili in merito, anche a coloro che dicevano di essere gay in confessionale.
Il vescovo ha afferma che forse, in un futuro non molto prossimo, la Chiesa potrebbe aprire a una sorta di benedizione per le coppie omosessuali, se non al matrimonio vero e proprio. Anche se non nutre grandi speranza, dice “L’insegnamento della Chiesa a riguardo è in evoluzione. Non siamo ancora arrivati a comprendere in pieno la verità trasmessa da Dio“.