Daniele Cimarelli per it.blastingnews.com
Gli esperti riuniti ad Amsterdam per fare il punto sulla lotta all’Aids tratteggiano un quadro a tinte fosche. In particolare sottolineano il calo dei finanziamenti per combattere questa infezione.
Va poi considerato che i paesi africani più colpiti dal virus presentano una spinta demografica che non accenna a diminuire, per cui si prospetta il rischio di una crisi che le istituzioni preposte potrebbero trovarsi del tutto impreparate a gestire. In effetti la diminuzione dei fondi rischia di vanificare i progressi ottenuti in questi anni con l’introduzione delle terapie antiretrovirali grazie a cui la malattia può essere tenuta sotto controllo.
Nel 2016 il numero dei morti per Aids è sceso per la prima volta sotto il milione, nel 2017 si è assistito a una ulteriore diminuzione. Tuttavia a fronte di questi dati relativi al decremento della mortalità si assiste a un notevole calo dei finanziamenti per diminuire il rischio di una nuova pandemia entro il 2030. In particolare è questo il rischio paventato dall’Agenzia delle Nazioni Unite, Unaids.
Anche per quanto riguarda la ricerca farmaceutica, in particolare da parte dei giganti del Big Pharma, si assiste a una preoccupante battuta d’arresto. D’altronde i grandi gruppi farmaceutici, ragionando secondo il loro metro, riducono e tagliano i fondi per la ricerca di nuovi farmaci che andrebbero destinati soprattutto a Paesi dall’economia fragile e che dunque non potrebbero garantire un adeguato ritorno economico.
Un altro timore degli esperti riguarda anche una netta diminuzione delle sovvenzioni americane. In particolare si temono i tagli promessi dall’amministrazione di Trump nella lotta all’Aids che però al momento devono ancora essere approvati dal congresso di Washington. Ndulu Kilonzo, che fa parte del consiglio keniano sul controllo dell’Aids, sottolinea che senza gli opportuni investimenti molto difficilmente si riuscirà a raggiungere gli obiettivi fissati per il 2030. In particolare mancano gli investimenti non solo per l’eliminazione del virus, ma anche quelli necessari alla prevenzione. In questo senso basti considerare che sono stati tagliati i fondi destinati alla distribuzione dei preservativi in Africa.
Giuliano Rizzardini, direttore del Dipartimeno malattie infettive dell’Ospedale Sacco di Milano, sottolinea come l’introduzione dei farmaci antiretrovirali negli anni ’90 abbia rivoluzionato il trattamento di questa patologia. In particolare queste molecole sono in grado di interrompere i meccanismi di cui si serve il virus dell’Hiv per replicarsi e quindi per infettare nuove cellule.
Tuttavia se nei primi anni ’90 una persona sieropositiva doveva assumere 10-15 compresse al giorno, oggi è sufficiente un’unica compressa.
Nel prossimo futuro un ulteriore avanzamento nel trattamento dell’Hiv sarà rappresentato dalle long acting drugs, ovvero dalle molecole a lunga durata d’azione. In questo senso l’infettivologo spiega che l’assunzione dei farmaci avverrà attraverso delle iniezioni intramuscolari, che attualmente vengono effettuate una volta al mese o una volta ogni due mesi. In futuro si potrà ulteriormente dilatare il tempo tra un’iniezione e l’altra. Queste molecole a lunga durata d’azione hanno la stessa efficacia degli antitretrovirali classici.